E’ vero, il successo e la qualità di una mostra d’arte si misurano sull’importanza delle opere esposte. E nel caso della mostra appena cominciata a Valle Faul, non c’è dubbio che il valore sia assoluto: da San Marino sono arrivati 70 capolavori di livello mondiale, ai quali si aggiungono le realizzazioni di 6 artisti locali che pure fanno la loro ottima figura. Assodato questo discorso sul quale solo chi è in malafede o prevenuto potrebbe non essere d’accordo, resta da affrontare un altro tema di tutt’altro che secondaria importanza: la location. Che ha il suo peso, ovvio. Beh, le sale espositive dell’ex mattatoio sono quanto di meglio si possa immaginare per accogliere tanti capolavori, nel caso specifico di arte moderna, ma se fossero di arte rinascimentale sarebbe lo stesso. La ristrutturazione intelligente alla quale sono stati sottoposti quei locali hanno trasformato il luogo in un ambiente accogliente, realizzato proprio per avvenimenti di rilievo qual è Tra Forma e Segno.
L’auspicio è che l’ex mattatoio possa funzionare a pieno regime: è così, dottor Brutti? “Assolutamente sì. La Fondazione Carivit è pronta a mettere a disposizione la struttura di chi ne faccia richiesta, pubblico o privato che sia. I problemi sono eventualmente di altra natura…”. Di che genere, presidente? “Di natura economica, è chiaro. Tenere in piedi quel tipo locali costa e anche tanto. E quindi vanno trovati i giusti equilibri tra chi ne chiede l’utilizzazione e noi che dobbiamo cederli”.
Da un lato, dunque, la disponibilità ad accogliere manifestazioni culturali di un certo livello e dall’altro la necessità di far quadrare i conti da parte della Fondazione Carivit che ne è la proprietaria. “Intanto – aggiunge Mario Brutti – siamo tornati nel pieno possesso delle sale solo da poco perché per tutto il periodo di Expo sono state a disposizione del Comune e fino alla fine di maggio sono impegnate per la rassegna di arte contemporanea. Abbiamo ceduto gli ambienti all’amministrazione comunale in comodato d’uso ad una cifra poco più che simbolica perché non si fanno guadagni con la cultura, ma è pure di tutta evidenza che ci sono spese incomprimibili delle quali bisogna tener conto. Per certi versi, proprio la mostra in corso potrebbe rappresentare una sorta di verifica sulle potenzialità offerte dalla struttura”.
Ma ci sono progetti o ipotesi di utilizzazione futura? “Diciamo che ci sono parecchie idee che vanno valutate e approfondite. La Fondazione è certamente favorevole a concedere l’uso delle sale sia ad enti pubblici che privati: basta presentare le proposte e noi le esamineremo. Va aggiunto comunque che l’attuale contingenza non è che favorisca molto gli investimenti pubblici: di fatto, oggi, il nostro unico interlocutore è il Comune di Viterbo, visto che Provincia e Camera di commercio attraversano una fase di trasformazione che ne limita fortemente l’operatività. Restano le istituzioni e gli enti privati, ma anche associazioni, banche, imprenditori… Ribadisco che da parte nostra c’è la totale disponibilità a discutere e a trovare le soluzioni più idonee. Più quei saloni sono aperti e funzionano e meglio è per tutti”.
Visto che ci siamo, dottor Brutti, che può dire della voce che circola su un cambiamento di nome della Fondazione Carivit? “Non nascondo che ne abbiamo parlato e che ancora oggi ci stiamo riflettendo sopra. In altre città, la denominazione è già cambiata: sono nate la Fondazione Roma e la Fondazione Vacone a Rieti che ha preso il posto della Fondazione Cariri. Personalmente ho qualche remora perché mantenere il nome Carivit, sebbene la banca non esiste più, riconduce ad una storia di 150 anni e ad un legame col territorio che è solido e più che centenario. Le riflessioni continueranno nei prossimi mesi e dunque, se la decisione verrà presa, non sarà faccenda a breve scadenza”.