”Intanto partiamo da un presupposto”.
Quale presupposto, maestro Alessio Paternesi?
”Ben venga qualsiasi cosa si organizzi a Viterbo. Questa città ne ha troppo bisogno, siamo una colonia abbandonata, e non certo da oggi. Dunque già andava bene l’esperienza di Natale, con le nature morte. Ma Tra Forma e Segno è qualcosa di più grande”.
Lei era all’inaugurazione, venerdì scorso. Da artista ma anche da addetto ai lavori e da professore è impossibile non chiederle un parere più approfondito.
”Premetto che non ho potuto visitare il piano rialzato a causa di alcuni piccoli problemi fisici, e dunque non ho visto le opere esposte lì. Per il resto, ho trovato sette od otto pezzi davvero interessanti, che mi sono piaciuti”.
Ci sono grandi nomi.
”Capisco. I nomi, le firme, servono per attrarre pubblico, visitatori. Devo dire che il luogo è eccezionale, perfetto: la Fondazione Carivit del presidente Mario Brutti ha fatto davvero un lavoro pregevole”.
L’ideale per ospitare eventi del genere, non pensa?
”Qui il discorso è complesso, e si riallaccia con quello che dicevo prima. Fare cultura è importante, ma deve essere fatta in modo costante. Queste mostre sono un inizio, ma poi quando finiscono cosa resta? Ecco, quello che bisognerebbe fare, e lo dico senza nessuna venatura polemica ma come un proposta costruttiva, è cercare continuità”.
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