Va denunciata ancora una volta la grave situazione in cui anche la temuta soglia psicologica del 52% della pressione fiscale è ormai superata con il dato del quarto trimestre del 2012. Questo livello fiscale, incompatibile con l’economia di un Paese civile, è in piena rotta di collisione con le speranze di ripresa economica e con la tenuta delle famiglie e delle imprese che non ce la fanno più. Di questo passo assisteremo a un aggravamento dell’ecatombe di posti di lavoro e chiusure di imprese con un ulteriore, drammatico, crollo dei consumi Vengano subito derubricati eventuali nuovi interventi per far cassa attraverso la leva fiscale: le famiglie e le imprese non hanno più nulla da dare. D’ora in poi la priorità deve essere una decisa e rapida, sia pur graduale, diminuzione del carico fiscale che anche sulle famiglie incide in maniera determinante. L’inversione di rotta è urgente: le risorse si trovino con un piano di tagli alla spesa pubblica che potrebbe far recuperare nel medio periodo almeno 70 miliardi di euro. E’ infatti solo da una minore pressione fiscale che si può ripartire per mettere in condizione le imprese di reggere, investire, creare lavoro.
Va espressa soddisfazione invece per la nota del ministero dello Sviluppo Economico con la quale si abroga, di fatto, il famigerato articolo 62 del Decreto legge n. 1/12 sui termini di pagamento di prodotti agricoli e alimentari.
Una correzione ritenuta assolutamente essenziale da Assoturismo, associazione degli operatori del settore, che aveva immediatamente denunciato le pesanti e negative ripercussioni sulle aziende dell’eccessiva rigidità imposta nei termini di pagamento delle relazioni commerciali tra i soggetti interessati. Una rigidità che ha creato in questi mesi un ulteriore onere e costi aggiuntivi per le imprese del settore della ricettività e dei pubblici esercizi, non più nelle condizioni di poter sopportare ulteriori aggravi in un momento di forte crisi per l’intero comparto.
Se si è accettato di operare in un libero mercato occorre che anche le transazioni commerciali subiscano lo stesso trattamento, con libertà di concertare e condividere anche gli aspetti legati al pagamento delle forniture ed alle condizioni temporali. Senza vincoli e regole di capestro che stavano strozzando l’economia delle imprese, già provata da una grave recessione a causa della quale migliaia di aziende hanno dovuto chiudere i battenti nei primi tre mesi dell’anno in corso. Senza tenere conto che i rapporti commerciali nella maggior parte dei casi avviene tra piccole e piccolissime aziende che hanno gli stessi problemi. Il provvedimento in questione avrebbe, dunque, favorito le grandi aziende.