Presidente Giorgio Ricci, ma è vero che a casa sua si mangia pane e basket?
“E’ vero, purtroppo”.
Perché purtroppo?
“Perché quella che doveva essere soltanto una grande passione, è diventata un lavoro vero e proprio”.
Se ne lamenta?
“Un po’, sinceramente. Molta parte della mia giornata è dedicata alla Stella Azzurra e ai mille problemi connessi”.
Quindi?
“La mia presidenza era nata come un servizio per la società. Col passare del tempo è diventata un’occupazione più o meno a tempo pieno”.
C’è amarezza nelle sue parole…
“Direi stanchezza… Ecco perché a pranzo e a cena si parla quasi solo di basket. Porto a tavola i problemi quotidiani, che non sono pochi e neppure piccoli, e coinvolgo la famiglia”.
Peraltro sempre presente agli impegni casalinghi ed anche esterni…
“E’ vero, siamo coinvolti tutti: io, mia moglie, le due figlie. Così almeno sottraggo a loro un po’ meno tempo”.
Tentazione di mollare?
“Oggi sicuramente no. Ne riparleremo a stagione finita, con calma e a bocce ferme”.
Che idea si è fatto della Terra di Tuscia edizione 2015 – 2016?
“Posso iniziare dalla società?”.
Certamente sì.
“Un gruppo di amici, accomunati dall’identica, straordinaria passione per il basket. Ma giochiamo in un campionato professionistico, quindi la passione e l’entusiasmo non possono bastare”.
Che significa che cosa?
“Che ci vogliono competenze. Il primo anno in B abbiamo commesso degli errori, dovuti ad inesperienza; quest’anno molti meno. Su tutto e in tutti prevale sempre un eccezionale senso del dovere. E’ soprattutto per questo che andiamo avanti. Perché abbiamo doveri precisi verso allenatori, giocatori, sponsor e anche sostenitori. Doveri ai quali non verremo mai meno”.
Sembra una dichiarazione di principio…
“Lo è. Siamo una società piccola, ma seria. Molto seria. Nessuno potrà mai lamentarsi nei nostri confronti. Quando prendiamo un impegno, lo portiamo a termine. Costi quel che costi”.
Si riferisce agli aspetti economici?
“Anche, ma non solo. Siamo una grande famiglia, lo ripeto sempre ed è la verità. L’altro giorno è andato via Ndiaye e mi sono sinceramente commosso. Pensavamo e speravamo che i suoi progressi fossero più consistenti: Così non è stato e ne abbiamo dovuto prendere atto. Fallou è un ottimo ragazzo: gli auguro ogni bene possibile, nella pallacanestro e nella vita”.
Adesso bisogna sostituirlo…
“Lo so e ci stiamo lavorando con il coach e con Marcello Meroi, con il quale condivido istante per istante le problematiche della squadra”.
La squadra, appunto: è il secondo passaggio.
“Un gruppo eccezionale, composto da bravi ragazzi. Non che quelli dell’anno scorso non lo fossero, ma non si era creata la chimica giusta. Quest’anno sì e ne siamo tutti felicissimi”.
Ad inizio stagione, aveva indicato due traguardi: la salvezza, innanzitutto, e i 30 punti.
“Ricordo perfettamente. Sulla permanenza abbiamo fatto molto e ci manca poco per essere certi di restare nella categoria”.
E l’altro obiettivo?
“Onestamente è molto difficile. Tenete presente che con 30 punti, molto probabilmente si va ai play off”.
Non ha risposto, però…
“Bisogna essere realisti. Nel girone di ritorno abbiamo fuori casa molte gare con squadre del nostro livello e poi chi si deve salvare butta dentro energie ancora maggiori. Ci mancano 2-4 punti a cominciare dalla partita di domenica scorsa a Fondi dove si poteva vincere senza tutto quello che è successo. Non dispero, ma il sogno è un po’ più difficile da realizzare rispetto all’estate scorsa”.
Può rimproverare qualcosa, in particolare?
“Non dobbiamo mai dimenticarci di essere una squadra operaia, da combattimento. Quando pensiamo di essere diventati una squadra talentuosa, sbagliamo e perdiamo”.
Autocritiche?
“Non mi pare. E’ un peccato dovuto all’età media decisamente bassa”.
Spesso si lamenta dello scarso attaccamento da parte del pubblico.
“Lo ammetto. Ma la nostra è una città naturalmente apatica che si esalta solo quando in palio ci sono traguardi molto alti. Ma questo non è oggettivamente possibile. Guardate Palermo che adesso sta smobilitando per problemi economici. La serie B è un livello già alto per Viterbo”,
Un altro sogno?
“Avere un impianto tutto nostro, dove magari poter far sorgere un bar, un punto di ritrovo per tutti, dove fermarsi dopo l’allenamento per bere qualcosa o semplicemente stare insieme”.
Torna il discorso della grande famiglia…
“Esattamente. Per me è sempre un dolore quando un ragazzino decide di smettere o di andare in un’altra società. Un impianto tutto per noi avrebbe anche la funzione di cementare ancora di più la prima squadra e l’intero settore giovanile. E’ un sogno, magari prima o poi ci riusciremo”.