E così, anche quest’anno, un pezzo di Tuscia se n’è andato in Africa. Una tonnellata, per essere precisi. Che pare chissà quanto, ed invece è soltanto una goccia minuscola versata in un mare di speranza.
Storie di olio, verrebbe da dire. Che si intrecciano indelebilmente con storie di cuore. Di vita. Di chi, la propria vita, ha deciso di dedicarla silenziosamente agli altri. Ai “meno fortunati”, per parlare con voce giornalistica. O, per essere sinceri, a quel mondo che ora si tenta di risollevare dopo averlo affossato.
Sono arrivati nel Viterbese ieri l’altro. Con una camioncino prestato da un amico, tanta forza nelle braccia, e ancor più volontà nelle teste. In totale una decina di persone, tutti romani. Sono quei folli di Song-Taaba. Una onlus capitolina impegnata su diversi fronti, proprio in Africa.
Gaia, Vito, Roberta, e tutti gli altri, puntualmente a novembre scendono qua (non diremo dove, con precisione, poiché le buone pratiche non debbono mai essere sponsorizzate), si caricano quanto olio possibile, e se lo riportano a casa.
Ma il loro olio non è un fluido qualunque. Il loro olio è “solidale”. Acquistato ad un prezzo ragionevole, rivenduto ad amici, sostenitori, conoscenti, curiosi e via dicendo, su vari fronti: qualcuno lo ordina per prassi, perché piace (e ci sta). Altri invece non possono far a meno di acquistarlo, passando durante le feste di Natale al mercatino di piazza Navona. Dove Song-Taaba (che poi in burkinabè vuol dire “aiutiamoci gli uni gli altri”) si ritaglia puntualmente uno spazio.
Col ricavato, e con altre manovre di questo tipo (uova di Pasqua, cene a tema, spettacoli teatrali, proiezioni, bomboniere, concerti, incontri, dibattiti) la onlus riesce a portare avanti progetti in Burkina Faso ed in Congo.
Alcuni esempi. In Burkina si sta realizzando un polo scolastico destinato a duemila studenti. Parallelamente le donne del posto, di dentro al laboratorio tessile (obiettivo già raggiunto) sono impegnate in corsi di alfabetizzazione. E non solo: si promuove anche lo studio a distanza.
Ma non finisce qui (come se poi fosse poco). Grazie al microcredito, in Congo, molte ragazze sono divenute, e diverranno, infermiere. In modo tale da poter affiancare la dottoressa Castellani. Quella professionista che, a Kimbau, ha rimesso in funzione un piccolo ospedale abbandonato dai belgi, nel quale offre assistenza a circa 150mila abitanti. L’impegno di Song-Taaba sul posto si è concretizzato nella fornitura di piccole apparecchiature diagnostiche, farmaci, raccolte fondi, di un’auto per facilitare gli spostamenti, di una lampada fotovoltaica per la sala operatoria, del reperimento di un letto operatorio.
E questo, più o meno, è quanto raccolto fino ad oggi. Il futuro invece è ancora tutto da scrivere. Tra mille difficoltà e mille e una soluzione. Questioni di cuore, si diceva. Questioni (anche) di olio.