In questo periodo si stanno letteralmente spremendo per noi. Conoscono il genere umano da sempre, d’altronde. E sanno bene che dopo un’annata terrificante come quella del 2014, solo un prodotto eccezionale può salvare faccia e seme.
Viterbopost ha quindi ritenuto opportuno interpellarle. Così, per fare un po’ il punto della situazione. Anche perché siamo a metà campagna, e una sorta di mini bilancio si può serenamente stilare.
Loro sono Maurina, Canina e Leccina. Le sorelle olive e star indiscusse della Tuscia. Disponibili per una breve intervista (parlerà Canina a nome di tutte e tre), prima di andare a farsi frangere.
Salve Canina, come va?
“Sento il buonumore che si allarga ovunque a macchia d’olio”.
Fa subito la spiritosa?
“Potrei permettermelo, in quanto tardiva, ma sono seria”.
Da dove uscirebbe quest’entusiasmo, allora?
“Dai frantoi. I musi lunghi della stagione passata sono un ricordo lontano”.
E le bruschette vicine.
“Chiaro. Con quest’olio non si può farne a meno”.
È buono?
“È perfetto. Amaro quanto basta, pizzicoso e verde smeraldo”.
E la mosca?
“Beati voi che ancora credete a certe favole”.
Interessante, prosegua.
“Abbiamo passato un inverno duro, un’estate calda e senza piogge. Non c’è altro da dire”.
Cioè, bastano questi due elementi per evitare il parassita?
“Certo. Manco i trattamenti sono stati necessari stavolta. E chi li ha fatti spesso ha sbagliato, ha buttato via soldi”.
La Xylella, invece?
“Le rispondo così: in Puglia non sanno manco dove metterlo l’olio, tanto ce n’è”.
Allarme rientrato, perciò?
“Per noi non è mai partito, ad essere sincere”.
Sì ok, ma gli alberi si seccavano.
“Voi uomini pretendete di curare la malattia badando solo ai sintomi”.
Sempre colpa dell’uomo…
“Prima diserbate i nostri arbusti, poi non gli sfoltite i capelli, e per chiudere avete anche il coraggio di prendervela con la Xylella?”.
In effetti.
“Andiamo avanti va, che tra mezz’ora ho un appuntamento, mi faccio un giro nelle gramole”.
Già? Ma una volta le qualità tardive si coglievano col freddo.
“Ora è tutto più veloce. Pensi che hanno aperto prima i frantoi toscani che quelli del sud”.
Come mai?
“Cambiamenti climatici, in primis. Un po’ di paura della grandine. E, infine, maggiore consapevolezza”.
Vi conosciamo meglio?
“Non troppo, ma un poco sì. Se stiamo troppo appese diventiamo ciccione”.
Da ciccione, però, rendete di più in termini di quantità.
“E te pareva. Sarà meglio badare alla quantità o alla qualità?”.
Astuta, l’oliva. Lei allora cosa consiglia?
“Di osservarci”.
Capirai che suggerimento.
“Correte troppo. Bisogna imparare a fermarsi e guardare”.
Per capire cosa?
“Le mie sorelle vanno pigiate prima, son precoci. Io dopo. Ma né troppo presto, né troppo tardi”.
Perché?
“Se mi spremete in anticipo mi infastidisco. Rendo poco e in stagioni siccitose come questa divento amara”.
Chiudiamo con la commercializzazione: che dice a riguardo?
“Dico che l’Italia produce meno di quanto consuma”.
Perciò?
“Perciò sarebbe bello che il nostro olio rimanesse qua. Al prezzo giusto, acquistato dal frantoiano di fiducia”.
Che vuole boicottare anche l’export?
“Per ogni bottiglia che se ne va, ne entrano altre da fuori. Fossi in voi, considerando quanto siamo buone io e le mie sorelle, col cacchio che ci manderei in giro”.