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Adesso Sapori del rito pensa in grande

Dopo Santa Rosa (ed Expo) si lavora per rendere stabile la rete eno-agricola-gastronomica

L'incontro di ieri al PalaExpo

L’incontro di ieri al PalaExpo

Expo ha la coda lunga, la Macchina di Santa Rosa c’è da secoli, e allora perché non cavalcare l’onda e pensare a qualcosa che resti? Come cibi – o quei vini – che non si dimenticano, Sapori del Rito non finisce qui. Ma cerca una strada, o due, per diventare qualcosa di permanente. Così hanno spiegato ieri all’incontro al PalaExpo di Valle Faul gli organizzatori Stefano Polacchi (giornalista enogastronomico), Angelo Proietti Palombi (presidente locale di Sloow food, nonché ristoratore) e Felice Arletti (agricoltore e ristoratore). Insieme a loro, il professore dell’univesità della Tuscia Bruno Ronchi e i rappresentanti del Comune Delli Iaconi e De Alexandris. Quel Comune che, grazie al bando per Expo promosso dalla Regione, ha reso possibile l’avvio del progetto patrocinato anche da Provincia, Camera di commercio, Coldiretti e Fondazione Carivit.

Prima delle novità di ieri, vale la pena riannodare i fili del discorso. I Sapori del rito è nato come rete tra 33 realtà (produttori, operatori gastronomici) del territorio. Che rivisitando le ricette di Italo Arieti – il primo, grande studioso della cucina della Tuscia – e sfruttando i prodotti locali, dal vino alle castagne, dall’olio alle nocciole, hanno messo su un menù trimalcionico. Che è stato presentato e offerto in grande stile (oggi si chiama showcooking) agli ospiti di Palazzo dei priori in occasione del Trasporto del 3 settembre.

Ieri c’è stato questo incontro al PalaExpo, al quale hanno partecipato i rappresentanti delle aziende coinvolte, uno della serie di eventi di qui al 27 novembre il Comune, con l’assessore Barelli, ha organizzato per approfondire e possibilmente sviluppare le idee nate per l’esposizione universale di Milano ma destinate a restare. Così è per I Sapori del rito, sulla carta splendida occasione per creare qualcosa di duraturo per l’economina e la promozione del territorio viterbese.

Il menù di Sapori del rito

Il menù di Sapori del rito

Spiega Stefano Polacchi: “Questa cosa non può finire qui. E per la sua prosecuzione abbiamo pensato a diverse possibilità. Intanto abbiamo creato delle vetrofonie, cioè degli adesivi da esporre fuori dai locali coinvolti, che siano ristoranti, enoteche o altro. Così ognuno di voi può inserire nei rispettivi menù uno spazio, anche piccolo, dedicato ai Sapori del rito, utilizzando le ricette di cui sopra o anche ampliando il discorso, magari alle tradizioni famigliari o della cucina povera”. Ma non finisce qui: il Giubileo incombe, tra pellegrini e semplici turisti ci si auspica che la Tuscia faccia il pieno, e allora ecco l’idea parallela: “Degli aperitivi itineranti. Piccole degustazioni con vini locali abbinati da svolgere in tre, quattro locali nella stessa sera – spiega Polacchi – Ci rendiamo conto che i viterbesi hanno altre abitudini, ma per chi viene da fuori sarebbe un’ottima occasione per girare la città e intanto assaggiare i prodotti d’eccellenza”.

Questo è il primo livello. Sotto sotto, però, cova qualcosa di più grosso. “Abbiamo riscontrato – ancora Polacchi – il desiderio di stare insieme, di fare rete tra tutte le realtà che hanno partecipato a questa iniziativa. Perché allora non farla davvero, scambiandosi prodotti, conoscenze, esigenze, obiettivi? E magari coinvolgendo al piano di sopra quelle realtà, dal Comune alla Camera di commercio, la Coldiretti, la Fondazione Carivit e l’Arsial, a livello regionale. Le loro competenze e le loro capacità di penetrazione sarebbero fondamentali per far decollare il progetto”. Queste le ipotesi in campo, aperte al dibattito e al contributo delle 33 aziende che hanno partecipato. E vuoi vedere che alla fine I sapori del rito, da un semplice menù, diventano una potenza?

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