È vero: i dati dimostrano che gli infortuni sul lavoro negli ultimi anni seguono un costante trend in calo, ma il numero assoluto rimane alto. Per questo, resta ancora molto da fare. E’ quello che ho detto partecipando alla 65esima giornata nazionale per le vittime degli incidenti sul lavoro, organizzata dall’Anmil a Viterbo. Presenti la presidente dell’Anmil, Rolanda Femminella, la direttrice provinciale dell’Inail, Carla Belli, e la deputata Pd, Alessandra Terrosi.
Un momento non solo di riflessione, ma di impegno e richiamo alla coscienza del Paese. Ma pure di ricordo e omaggio a quei lavoratori che non ci sono più, di solidarietà verso le loro famiglie e verso quanti sono vittime di malattie lavorative. Già lo scorso anno avevamo ragionato sulla tendenza alla diminuzione degli infortuni mortali. A livello nazionale le denunce di infortuni sono passate da 1.050.000 nel 2009 a 719mila del 2013. Nel 2014 siamo scesi a 663mila. Dunque, stando ai dati Inail, nell’ultimo anno il calo è stato del 4,6%. Se prendiamo a riferimento il 2010, addirittura siamo a meno 24%.
Gli infortuni riconosciuti sul lavoro sono poco più di 437mila, di cui più del 18% si sono verificati fuori dall’azienda, ovvero con mezzo di trasporto o in itinere. Questa diminuzione è un dato positivo che conferma come tutti i soggetti coinvolti abbiano aumentato l’attenzione nei confronti della sicurezza. Nello stesso tempo, però, gli stessi dati ci dicono che c’è ancora molto da fare. Anche perché le persone che dichiarano malattie o problemi di salute causati o aggravati dall’attività lavorativa (dati del 2013) sono 2milioni e 282mila, ovvero il 5,4% del totale della popolazione degli occupati e dei non occupati con precedenti esperienze lavorative.
Quindi l’attenzione deve rivolgersi a un più generale miglioramento delle condizioni di vita e di sicurezza dentro e fuori i luoghi di lavoro.
Se la situazione negli ultimi anni è migliorata è anche merito di alcuni interventi legislativi che hanno consentito all’Italia di rimettersi al passo dei Paesi più civili. Senza dubbio il decreto legislativo numero 81 del 2008 ha aperto una nuova fase. Si tratta di una delle leggi più avanzate d’Europa in materia di salute e di sicurezza sui luoghi di lavoro. Negli ultimi anni ci siamo anche interessati delle nuove forme di lavoro, quelle precarie: contratti saltuari o a tempo determinato costituiscono un elemento di insicurezza. Le nuove norme introdotte dal Jobs Act, che hanno agevolato il ricorso a contratti a tempo determinato a tutele crescenti, sono una novità che può aiutare a cambiare il panorama e il clima nei luoghi di lavoro.
Inoltre, nel 2013 all’interno del Decreto del Fare, è stata introdotta una modifica al codice degli Appalti che prevede come nelle gare il prezzo più basso venga determinato al netto delle spese relative al costo del personale. Così si contrasta il lavoro nero, la concorrenza sleale e si tutela la sicurezza dei lavoratori.
Oggi in aula alla Camera arriva la nuova legge di riforma del codice degli appalti in cui si privilegia l’offerta economicamente più vantaggiosa e non quella al massimo ribasso. Insomma, conterà il rapporto qualità prezzo, con particolare riguardo al costo del ciclo di vita dei materiali nonché gli impatti sull’ambiente e la salute umana. Per alcuni servizi speciali sarà vietato il massimo ribasso. Infine, dal 1 gennaio 2016 prenderà il via l’Agenzia unica per l’attività ispettiva che unifica i servizi oggi erogati da ministero del Lavoro, Inps e Inail. È fondamentale razionalizzare l’organizzazione pubblica preposta alla prevenzione nei luoghi di lavoro così da superare le sovrapposizioni e rendere più efficiente il sistema di controlli.