Mamma, papà, andiamo al museo a vedere il Procambarus clarkii? Ecco, se siete genitori, e se vi sentite fare una richiesta di questo tipo dai vostri figli, tranquilli. Non portateli dall’esorcista. Portateli all’acquario di Bolsena. Che il suddetto Procambarus clarkii ci sta sul serio. Ed in realtà è solo un semplice gambero. Una specie originaria del Mississippi, dalla tipica colorazione rossa. E se i vostri pupi vogliono vederlo a tutti i costi, è perché il tipo in questione viene chiamato “gambero killer”. Nulla infatti sfugge alle sue potenti chele: uova, larve, e pure gli argini dei fiumi. Questa presunta cattiveria mediatica lo rende così il piatto forte (in senso metaforico) del museo-acquario lacuale. Lui, e una buona compagnia di tantissime altre simpatiche bestiole.
Ma partiamo dal di fuori, dal ponte levatoio. L’acquario (l’unico in Italia a gestione completamente pubblica) è ubicato nel castello. La cosiddetta Rocca Monaldeschi. Quella che domina il lago e che concede al fortunato visitatore la visione privilegiata d’un panorama mozzafiato. Insomma, prima ancora di varcare il portone d’accesso i cinque euro di biglietto son già spesi bene.
La struttura è divisa in due parti. Sopra si trova il consueto museo civico. Quello un po’ anni ’70, coi coccetti etruschi e le didascalie scritte a penna. Sotto, i pesci. In un’area fresca d’impianto e quindi più moderna. Addirittura ogni vasca ha il suo Qr-code. Avvicinandoci il telefonino una gentile signora spiega vita e morte del lattarino (non morte per frittura, sia chiaro).
Cosa si può scorgere a pozzo e di dentro i vetri? Il killer di cui sopra, ok. Ma anche tutte le altre specie che popolano il bacino idrico sottostante. Perciò ecco le anguille, da piccole piccole fino a lunghe, sinuose e pronte per la brace. E poi la trota, la rovella, il cavedano, il barbo ed il granchio.
Ma non finisce qui. Spazio pure alla rana rossa (no, non gracchia “Bella ciao”), ai tritoni, alle raganelle ed ai rospi. Fino ad arrivare agli X-files, che gli studiosi definiscono “alieni” (il sito è anche un polo di ricerca scientifica): il pesce gatto, il pesce siluro, il persico sole, il persico trota, la gambusia, il carassio e l’ampullaria. Di lato a loro inoltre è ricostruita una piccola palude, che ospita la tartaruga emys orbicularis e la biscia natrix natrix.
Sulla via del ritorno infine (ammesso che riuscite a trascinare fuori i figli) c’è anche una vasca tattile. Ossia, aperta in alto. Ci si ficca la mano e si aspetta che una carpa o uno storione curiosi vengano a dare una pizzicata.
Che altro aggiungere. L’acquario è veramente piacevole. Istruttivo quanto serve, leggero quanto fa piacere. E conoscere gli abitanti dei fondali è un po’ tornare bambini. Muti come pesci e con l’occhio imbambolato da triglia.