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Pubblica amministrazione, riforma necessaria

Rapidità, trasparenza e risparmio, ecco perché serviva cambiare

Il ministro della Pubblica amministrazione Marianna Madia

Il ministro della Pubblica amministrazione Marianna Madia

La riforma della pubblica amministrazione (che ha ricevuto il via libera dal Senato lo scorso 4 agosto) non era più rinviabile. Non solo e non tanto per chi ci lavora, ma per l’intero sistema Paese. Il provvedimento ormai è legge. Si tratta di un ulteriore passo avanti lungo la strada dell’ammodernamento dell’Italia: la riforma del titolo V della Costituzione, l’attuazione della cosiddetta “legge Delrio” (legge n. 56 del 2014) e, adesso, la riforma della pubblica amministrazione ci permetteranno di allineare il nostro Paese ai più alti standard europei. In questo modo, rispondiamo alle esigenze di trasparenza, sburocratizzazione e semplificazione della macchina dello Stato.

Questa riforma al pari della altre già attuate, era urgente perché la competitività del nostro Paese è frenata dalla lentezza, farraginosità e sovrapposizione dei ruoli all’interno della pubblica amministrazione. La legge si muove proprio nella direzione di una maggiore semplificazione delle procedure e dei meccanismi decisionali. Un esempio, in questo senso, è la riorganizzazione delle Prefetture e delle Camere di commercio, che segue la razionalizzazione decisa un anno fa e che ora sta entrando a regime, riguardante le Sovrintendenze.

Risparmiare non significa ridurre i servizi al cittadino perché  lo spirito che ha inspirato la riforma è quello di rendere più efficiente la macchina dello Stato”. Lo dimostra, ad esempio, l’istituzione del numero unico per le emergenze. Il 112 varrà in tutto il territorio nazionale per ogni tipo di intervento, prendendo il posto di tutti quelli attivi finora: il 118, il 113 e il 115. E ancora, il riordino delle partecipate e dei servizi pubblici locali. Si prevede la possibilità di commissariamento nel caso in cui le partecipate abbiano i conti in rosso. I decreti delegati dovranno fissare limiti agli stipendi e introdurre criteri di valutazione dei dipendenti. Per gli amministratori delle partecipate il compenso economico sarà legato ai risultati.

Abbiamo anche puntato sulla trasparenza, per rendere gli organismi dello Stato più vicini al cittadino. Lo dimostra, tra gli altri provvedimenti all’interno della riforma, la spinta decisiva verso la digitalizzazione delle procedure. Nell’articolo 1 del disegno di legge, il Governo si impegna a garantire il diritto di accesso dei cittadini e delle aziende ai dati e ai servizi in formato digitale. L’articolo 1 include la Carta di cittadinanza digitale, che stabilisce dei livelli minimi di qualità dei servizi della pubblica amministrazione online. Una vera rivoluzione perché mettere in rete documenti e pratiche burocratiche contribuirà a rendere più veloci ed efficienti lo smaltimento delle pratiche e i processi decisionali.

La Camera dei deputati

La Camera dei deputati

Si dà, poi, una spinta verso la semplificazione delle pratiche per la costruzione delle grandi opere. Il governo prevede un dimezzamento dei tempi. Le amministrazioni che si occupano di tutela ambientale, di beni culturali e di salute pubblica avranno 90 giorni di tempo per rispondere alle istanze presentate da cittadini e imprese, prima che scatti il cosiddetto “silenzio assenso” per dare il via ai cantieri. Sempre nell’ottica dell’efficientamento e della semplificazione, è stato introdotto il libretto unico per le automobili, con trasferimento del Pubblico registro automobilistico (Pra), gestito dall’Aci, al ministero delle Infrastrutture e trasporti, a cui fa capo la motorizzazione. Si va, insomma, verso un’unica banca dati per la circolazione e la proprietà, con un solo libretto.

Cambiano anche i meccanismi di valorizzazione e promozione delle competenze professionali di chi lavora nella pubblica amministrazione. Sia per i dipendenti sia per i dirigenti, i sistemi di valutazione saranno basati sui risultati raggiunti. Per entrare nella pubblica amministrazione servirà sempre vincere un concorso pubblico, ma verrà abolito il requisito del voto minimo di laurea per partecipare.

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