L’analisi politica più arguta della serata arriva solo alla fine, alle undici e mezza passate, mentre il pubblico si disperde con ordine: “E’ durata troppo, però c’era un sacco di figa”. Ma a parte i commenti grevi, e una certa ansia di sapere il risultato di Italia – Brasile (alla Fantozzi: si vociferava che avesse segnato anche Buffon, di testa, su calcio d’angolo), la serata di presentazione della candidatura di Filippo Rossi a sindaco e, a margine, di una lista civica che si dovrebbe chiamare Viva Viterbo, finalmente è finita. E i fedeli “filippini” ora possono andare anche a dormine sazi e tranquilli: non avranno avuto panem (almeno per ora), ma in compenso hanno ricevuto un sacco di circenses.
Due ore e mezza di spettacolo, canzonette, balletti, esibizioni ginniche (niente salto nel cerchio di fuoco, però), poesie, racconti storici à la Antonello Ricci, applausi e luci soffuse. E citazioni, tante citazioni, una valanga, ma anche una grande omissione: silenzio assoluto su Caffeina e il conflitto d’interesse che investe il suo fondatore e candidato (e viceversa). Tutto molto coreografico, tutto molto bello. Se solo non fosse che una cosa del genere l’ha inventata Veltroni ormai cinque anni fa (al Lingotto) e Matteo Renzi poi l’ha risciacquata in Arno, rendendola oggi francamente un po’ sputtanata. Ma tant’è: a Viterbo una cosa così non s’era mai vista, e si sa che le mode qui arrivano sempre in ritardo.
Seratona ona ona, si diceva. Fuori, coppie di carabinieri e poliziotti, un parcheggio manco a pagarlo oro e se fosse per loro, per Filippo e i suoi filippini, col cavolo che potreste parcheggiare in centro storico. All’ingresso ti accolgono con un “grazie per essere venuto” (grazie a voi) e consegnano un foglietto dove scrivere un pensierino. Titolo della maestra: “Come vorrei fosse Viterbo?”. Sarà il fil rouge della serata. Dentro il teatro San Leonardo, sede di ripiego dopo la negazione del teatro Genio, non entra neanche uno spillo: cinquecento, seicento, va a capire quanti sono. E se ne restano anche in piedi, stoici, per tutta la messa. Visti in platea: commercianti, baristi, tecnici informatici dal passato rotelliano, gente che va in palestra insieme, avvocati, tanti avvocati, pubblicisti e pubbliciste. C’è anche la traduzione per i sordomuti, che sembra l’unica cosa ereditata da Viva Viterbo dalla sfortunata campagna elettorale della lista Civica montiana.
Si spengono le luci, si comincia. Filmati della gggente comune che esprime i suoi desideri sulla città che vorrebbe: audio pessimo, idee banalotte. Poi sul palco minimalista appare Giorgio Nisini, scrittore, che sarà pure stato in finale al premio Strega, ma sfoggia un’originalissima citazione di Steve Jobs: “Stay hungry, stay foolish”. Stai calmino. Poi arriva Daniele Camilli, giornalista, che in Viva Viterbo ha potuto riabbracciare l’ex compagno di liceo Giacomo Barelli: all’epoca la pensavano in modo oppopsto, oggi si sono ritrovati sotto la stessa bandiera. Emozionatissima, tocca a Maria Rita De Alexandris, coordinatrice del movimento che ricorderemo qui per l’immancabile citazione del nuovo papa. Arriva il saggio ginnico, due bambine che reinterpretano la Gabbianella e il Gatto di Sepulveda, e chissà se qualcuno le ha avvertite che stavano partecipando ad un incontro tutto sommato politico. Poi tocca all’attore Manganiello, che si lancia nella lettura di una poesia di Filippo Petroselli dedicata a Viterbo: “Petroselli era il nonno di Filippo Rossi, e questa è la risposta a chi lo ha accusato di scarsa viterbesità”. E quando già qualcuno è stanco, arriva lui, er sor Filippo.
Che non tiene un comizio, ma si limita a declamare – leggendo – alcune desideri per la città che vorrebbe (aridaje). Umilissimo l’incomincio: “Ho fatto un sogno”. Che in inglese si traduce liberamente “I have a dream”. Insomma, anche se i “filippini” non hanno avuto il loro papa, hanno trovato almeno un reverendo: Martin Luther King, detto Filippo. Impossibile riassumere tutto quello che vorrebbe e sognerebbe il nostro. Limitiamoci ad alcune frasi chiave, emerse dal fumo artificiale di scena: no ai soliti noti Fioroni, Sposetti e Gigli; no al tanto vince Giulio, commercianti, trasparenza, frazioni, assessori che non ci sono, no a via Marconi chiusa perché un sindaco (Gabbianelli) voleva così; voragine di piazza del Gesù da riattoppare subito; acqua avvelenata dall’arsenico; diritti degli animali. Ancora musica prima di un intermezzo storico narrato da Silvio Cappelli. Altra musica: il tenore Giordano Ferri la mette sul tranquillo: “Nessun dorma”. Tra una cosa e un’altra si approfitta anche per chiedere “un contributo all’associazione Viva Viterbo”. Alle dieci e un quarto qualcuno comincia ad uscire, ma mica è finita qui.
Altri video, altri desideri, s’accavallano sullo schermo. Altre citazioni s’avvicinano minacciose. L’intervento di Alfonso Antoniozzi, seduto a bordo palco manco fosse Bono degli U2 al Boston Garden, è vagamente da guru: si vede che il tenore gira il mondo, si vede che è un uomo di grandi letture, si vede che crede in Viva Viterbo “perché è una vera lista civica, dove l’ideologia politica diversa non divide, ma unisce”, si vede che sarà l’assessore alla Cultura di una giunta Rossi prossima ventura. Peccato per quella citazioncina sul finale, quella di Kennedy: non chiedere cosa può fare il tuo paese per te eccetera eccetera. Roba da far rigirare Veltroni nella tomba.
Torna Cappelli, e cita Pasolini. Due tizi cantano: prima Simon and Garfunkel e poi i Queen (Freddie, perdonali, non sanno quello che fanno). Riecco pure Rossi, che completa la lista dei desideri: è scommessa personale e collettiva; vorrei amministrare Viterbo e amministrarla bene; certe facce come fanno a ripresentarsi e a chiedere il nostro voto (ce l’ha con Marini? Boh); la via Francigena può essere il nostro Camino de Santiago; perché non abbiamo una multisala; perché non facciamo i bus elettrici. E chiude con un grazie e con un viva Viterbo. E’ quasi finita, se non fosse per l’ultimo intervento del professor Margottini. Poi tutti via, a piazza del Comune, per liberare lanterne cinesi al cielo.
Che faticaccia. E la politica che fine ha fatto? O forse tutto questo era politico (perché tutto è politico) e non c’abbiamo capito nulla? E su Caffeina e il conflittino d’interesse non abbiamo detto neanche una parola? E non l’abbiamo menata un po’ troppo col centro storico quando invece c’è una periferia immensa che ha un sacco di problemi? E tutta ‘sta cultura, ai viterbesi, non provocherà un’indigestione col rischio paradossale di morire di fame? E quanti voti potremmo prendere alle prossime elezioni? Ad occhio, Viva Viterbo punta alla doppia cifra, e forse la sfiorerà soltanto. Toglierà un sacco di voti al centrodestra, pochissimi dall’altra parte. E quel De Gregori cantato alla fine, La Storia Siamo Noi, rischia di portare un po’ sfiga: in politica è meglio badare alla cronaca spicciola.
la cultura non fa mai male e non provoca indigestione. E’ la mancanza di cultura che ha mandato il paese allo sfascio, e fa pensare che un giornalista o pseudo tale (mi riferisco a quello che ha scritto l’articolo) si permette di scrivere certe cose. Ma questo è il pensiero della destra italiana. Affogare il paese nella mediocrità per governarlo al meglio (per loro)
La filippinata di ieri sera si potrebbe in realtà sinteticamente riassumere con una celebre definizione di Rino Formica: nani e ballerine. Laddove per nani non s’intende necessariamente i diversi alti. E poi, al di là dell’orgia di citazioni, personalmente resto in attesa di capire qual è la cultura con cui Filippo Rossi da Trieste ha arricchito la sua città d’elezione. Presentare libri è cultura? Allora il più grande intellettuale d’Italia è Fabio Fazio (che forse ha scritto qualche libro, o presunto tale, in più del condottiero caffeinomane). Riempire la Viterbo medievale di bancarelle e tavolini fa cultura? Allora erano meglio, e senza roboanti pretese, le vecchie feste dell’Unità. Infine ci sarebbe una bazzecola come il conflitto d’interessi tra la sindacatura e Caffeina, ma non vorrei far venire il mal di testa ai filippini.
Non è questione nè di destra nè di sinistra. Ieri, oltre a balletti, poesie e frasi prese da personaggi di fama mondiale, non si è parlato dei problemi reali della città. Oltre al museo del conclave (del quale oggi tutti si riempiono la bocca) c’è qualche altro punto nel programma di Rossi? Ediliza? Scuola? Strade? Trasporto pubblico? Lavoro? Senza cultura si muore, ma permettetemi, non esiste solo quello.