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Quanto sei bella Gloria

Accesso libero nel laboratorio per vedere come nasce la nuova Macchina

Un artigiano la lavoro sulla base di Gloria

Un artigiano la lavoro sulla base di Gloria

I viterbesi che vanno al mare, quelli che dal mare tornano in città, il traffico ininterrotto di questa strada, se ne saranno già accorti. Basta voltarsi, subito dopo (o subito prima: dipende dal senso di marcia) l’incrocio con la strada che conduce alle Piscine Carletti e al Bullicame, per notarla. Fuori e dentro al capannone dell’Edilnolo Tuscia, ecco pezzi di Gloria, uno vicino all’altro, la Macchina di Santa Rosa che prende forma.

La famiglia Fiorillo, che si è aggiudicata la gara per la costruzione della nuova Macchina, non ha voluto nascondere alla città questa magìa. Niente segreti, niente depistaggi o laboratori imboscati: Gloria è qui, tutti la possono vedere, tutti la possono fotografare, tutti possono capire come nasce e cresce questo spettacolo. Tradizione e fede si mischiano con l’artigianato d’eccellenza (viterbese doc) e con le moderne tecnologie scelte sin dall’inizio da chi Gloria l’ha sognata e poi progettata, vale a dire l’architetto Raffaele Ascenzi. E’ una miscela inedita, e affascinante, che alla fine lascia dentro emozione, stupore, ma anche quella consapevolezza un po’ sciovinista che ti fa dire “hai visto? Anche noi sappiamo fare grandi cose quando vogliamo”.

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Un particolare della seconda sezione

Un particolare della seconda sezione

Santa Rosa tira fuori il meglio di noi, è vero: “Tutto quello che abbiamo potuto fare qui, lo abbiamo fatto – spiega Vincenzo Fiorillo, il capostipite di una dinastia che vede impegnati nella missione anche figli e nipoti – Diciamo il 90 per cento. Per altre cose, come la realizzazione delle statue, ci siamo affidati alla sapienza degli artigiani di Viareggio”. Che già in passato, tra l’altro, hanno contribuito alla realizzazione di altre Macchine, specie quando la cartapesta era il materiale più usato, e della cartapesta, si sa, in Versilia sono maestri (vedi i carri di Carnevale).

Le statue, già. Eccole. Sembrano quasi quei guerrieri di terracotta ritrovati in Cina, ma questi sono angeli, e non mettono paura, e non parlano di guerra. Stanno uno dietro l’altro, a grandezza naturale, messi in fila nel capannone che è uno spettacolo nello spettacolo. Pulito, ordinato, con lo stemma dei facchini e naturalmente il logo dell’Unesco. Di qua ci sono i lumini (seicento), di là i bracci esterni alla struttura portante, abbelliti da tante roselline che nascondono altre luci, stavolta a led, con lo storico elettricista Franco Piergentili che se ne prende cura. E le cuspidi, gli archi. Tutto è bianco, di un bianco abbagliante. E già si può azzardare un parere: Gloria sarà bellissima, di giorno e di sera.

Le statue degli angeli dentro il capannone

Le statue degli angeli dentro il capannone

Poi c’è la Macchina vera e propria. Due parti sono già concluse, o quasi, è l’ora dei ritocchi. Mani sapienti intervengono sulla base, limano, spolverano, accarezzano. Sulle stanghette e sulle file già ci sono i numeri rossi: ogni numero un facchino, ogni fila un motore. C’è la seconda sezione, quella che andrà incastrata sopra, e dentro la terza, ancora non rifinita e protetta dai fogli di giornale (soprattutto Il Tirreno, altro indizio del contributo toscano di cui sopra). Della quarta e ultima parte – la più alta, la più sottile – esiste soltanto lo scheletro. Ma il completamento e l’assemblaggio di questa meraviglia è questione di giorni, tant’è che il cartello del cantiere è pronto, e verrà portato presto a San Sisto, alla partenza.

Le rose

Le rose

“Per il 19 agosto saremo pronti – dice ancora Vincenzo Fiorillo – Abbiamo iniziato ai primi di giugno, e abbiamo lavorato di buona lena. Per noi la Macchina è qualcosa di particolare, alla quale teniamo in modo incredibile. Abbiamo voluto aprire al pubblico l’area dei lavori per condividere con la città la costruzione di Gloria, un evento nell’evento, un 3 settembre che parte da lontano. Credo che chi veda la Macchina nascere potrà avere anche sensazioni diverse durante il Trasporto. E in effetti in tanti ci vengono a trovare, da Raffaele, che ogni tanto controlla l’avanzamento dei lavori, ai facchini, tantissimi”. Uno ne arriva anche adesso, con tanto di figlioletti che girano tra i banchi con curiosità: altro che una passeggiata all’Ikea, questa è la nostra Ikea, esiste da secoli, e questi brividi qui non sono mica colpa dell’aria condizionata.

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