L’effetto della crisi sulle imprese di commercio e somministrazione si manifesta non solo con un aumento del numero di chiusure, ma anche e soprattutto con una riduzione del numero di nuove aperture. Assistiamo a una sempre maggiore difficoltà ad aprire una nuova impresa: un dato allarmante, soprattutto in un Paese come il nostro che ha sempre registrato un altissimo tasso di imprenditorialità della popolazione. La diminuzione tra le aperture del primo trimestre 2012 e quelle del primo trimestre 2013 è molto consistente, soprattutto nelle province più piccole.
I dati allarmanti sugli effetti negativi della crisi sul territorio nel primo trimestre di quest’anno saranno resi noti nel corso di una conferenza stampa che si terrà martedì 26 marzo alle ore 11,30 presso l’Antico Caffè Schenardi in Corso Italia. Dove la Confesercenti, oltre all’analisi della crisi, proporrà soluzioni attraverso la sottoscrizione di un patto tra imprese, amministrazioni e proprietari d’immobili ad uso commerciale sfitti, altro grande problema rispetto al peso che avevano le locazioni commerciali a livello locale.
Sembra che nelle priorità del nuovo governo ci siano sanità, giustizia e tanto altro. Sono temi importanti, ma si tratta di non esigenze in un Paese come il nostro dove chiudono circa 1200 imprese medie e piccole al giorno. E si tratta di un settore che costituisce l’ossatura economica nazionale. Le prospettive sono purtroppo pessime: l’aumento dell’Iva con ricaduta su tutto il settore del commercio e su quello dei trasporti e il conseguente innalzamento dei prezzi delle materie di prima necessità; la Tares e altri balzelli che finiranno ad incidere sulle tariffe a domanda individuale. Tutto questo comporterà altre sottrazioni sul già precario reddito delle famiglie con un calo dei consumi, il blocco della produzione e la perdita di altri posti di lavoro. A queste condizioni le imprese non ci stanno più . Stanno morendo imprese che vantano enormi crediti nei confronti degli enti pubblici. Ma quello che preoccupa di più è la mancanza del turnover, perché il saldo tra imprese che chiudono e quelle che aprono è del meno 50 per cento. Si tratta di un dato inquietante che desta maggiore preoccupazione rispetto agli anni precedenti. Vorrei dire infine che sui giornali in questi giorni che precedono un turno elettorale gli esponenti politici si avvicendano nell’affermare la necessità della valorizzazione dei centri storici e dei negozi di vicinato. Sono argomenti che la Confesercenti porta avanti da anni e nel 2008 sull’aggravamento della situazione dei centri storici abbiamo lanciato un allarme che fino ad oggi non è stato mai accolto.