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Una telefonata allunga la vita (gialloblu)

In attesa della chiamata tra Michelini e Camilli, meglio un sms che una mail...

Il sindaco Michelini accanto a Piero Camilli

Il sindaco Michelini accanto a Piero Camilli

Ti telefono o no, ti telefono o no, io non cedo per primo. Mi telefoni o no, mi telefoni o no, chissà chi vincerà. Per adesso niente chiamate, ma solo un sms per continuare a sperare. A sperare che il disgelo possa essere iniziato grazie ad uno short message, che poi nell’era di WhatsApp è anche roba superata, ma fa niente. Perché questo tiepido, timido, contatto tra il sindaco Leonardo Michelini, il mittente, e il patron della Viterbese, Piero Camilli, il ricevente, è comunque un primo passo verso un dialogo che va necessariamente ripreso se si vuole evitare che il calcio nella Città dei Papi finisca con la rinuncia del Comandante ad andare avanti in questa avventura.

Meglio un sms che una mail, del resto, come quella che patron Piero ha invece inviato al sindaco di Grosseto per ufficializzare la propria intenzione di non iscrivere il Grifone, l’altra squadra di proprietà dei Camilli, al prossimo campionato di Lega Pro. Per i pallonari nostrani e per quelli tirreni non c’è da stare allegri, ma almeno in casa nostra la speranza resta attaccata al telefono. E alle reali intenzioni del primo cittadino di Viterbo di dar seguito alle promesse fatte ai tifosi e accontentare così la proprietà gialloblù per quanto concerne i rimborsi delle spese sostenute e i lavori allo stadio. Potrebbe essere solo un movimentismo di facciata quello del sindaco Michelini, direte voi, ed è vero. Nel gioco delle parti ci sta. Ma almeno Leonardo nostro sta dando l’impressione che qualcosa si stia muovendo, e questo il Comandante non può ignorarlo. C’è anche chi è pronto a giurare che, seppur tardivo, il contatto di Michelini gli abbia anche fatto piacere.

C’è da attendere solo il 30 giugno, ormai. Perché se davvero entro la fine di questo mese Camilli non iscriverà come annunciato il Grosseto al campionato di serie C, allora per la Viterbese qualche speranza in più di sopravvivere potrebbe esserci. Magari rimanendo ancora in D, o trovandosi promossa in Lega Pro a seguito della possibile non iscrizione della Lupa Castelli, ma in ogni caso con una società solida alle spalle. Ad oggi cosa frulli nella testa del patron non è ancora dato saperlo, ma certo è che qualora decidesse davvero di lasciare il calcio, la Viterbese a questo punto dimostrerebbe più lungimiranza e intelligenza a ripartire dal basso ricominciando dalla sua gente. Lasciamole stare le chiacchiere sulle cordate, che da queste parti le cordate non hanno mai prodotto nulla di buono. Anzi, negli ultimi dieci anni, i suddetti gruppi di sedicenti imprenditori, o procuratori, hanno portato la Viterbese prima alla retrocessione in D e poi ad un ignominioso quanto ancora dolente fallimento, con tanto di ipotizzata evasione fiscale milionaria e gran lavoro per gli uomini della Guardia di Finanza. Semmai, allora, è meglio davvero pensare ad un calcio popolare gestito dalla gente del luogo. Ben venga pure la Terza Categoria con i supporters gialloblu come azionisti: meglio poveri ma belli, e soprattutto onesti, piuttosto che finire di nuovo nelle grinfie di personaggi con poco talento ma in cerca costante di autore.

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