15112024Headline:

Aiuto! Mi si sta restringendo la Teverina

Dialoghi nostrani, registrati in famiglia, su fatti e misfatti del capoluogo e dintorni

avventure disegno“A Ba’, ‘sto vestito nu’ m’entra più”. Antonio, davanti allo specchio della camera da letto, guardava sconsolato quel bel completo grigio topo, comperato anni addietro in una nota boutique del centro, che non voleva più saperne di allacciarsi: sia la giacca, che i pantaloni. “Ma che j’hai fatto quarcosa? Perché all’’improvviso s’è ristretto…”.

“Antò, ma che stai a dì! Nun è ‘r vestito che s’è ristretto, sei tu che te sei allargato. Se nun avessi fatto l’abbonamento co’ le matriciane e le carbonare, forse te stava ancora bbene…”.

“No, Ba’. A me me sembra da esse sempre uguale. E’ vero che magno, ma me movo puro. E poi, tutta l’antra roba me sta bbene. E’ er vestito che s’è ristretto. Daje…”.

Barbara guardò il marito con aria compassionevole: “Se te fa contento, dì puro così. Ma se te lo voi rimette hai da magnà de meno. Semaforo rosso pe’ matriciana e carbonara…”.

“Sì. Giusto er semaforo. Come quello che vonno mette su la Teverina…” disse a quel punto Antonio.

“Embé? C’ha d’è ‘sta nova? Lì è già ‘n casino adesso, co’ le file a tutte l’ore…” replicò Barbara.

“E’ vero! C’hai raggione! Er problema però, è che ar Comune la Teverina je se sta a restrigne…” ribattè Antonio con l’aria furbetta.

“Ma che stai a dì, Antò! Ma che stammattina, ‘nvece der caffè, te sei fatto ‘n grappino?”.

“No, Ba’. Anzi, de caffè n’ho bevuti tre, che sinnò nu’ me svejo bbene. Ma che ar Comune je se sta a restrigne la Teverina nu’ è ‘na cavolata”.

“Vabbé, allora spiegheme, che nun c’arivo…”.

“Allora – disse Antonio mentre stava ripiegando il vestito per riporlo nell’armadio – hai da sapé che lì dove ce sta l’ex consorzio agrario avrebbero da fa’ ‘na lottizzazione da circa 40 mila metri cubi. E poi ce ne sta ‘n’antra de 60 mila metri cubi, pe’ l’housing sociale, che ha ancora da esse approvata”.

“Mamma mia! Un botto de cemento…” commentò Barbara.

“Sì, ma è tutta robba vecchia. Che mo però sta a arivà a dama. Co’ tutti li probblemi che comporta…” rispose Antonio.

“Vecchia o nova, er casino sarà totale…”.

“Sì. E ‘nfatti ar Comune se ne stanno a renne conto. Ma, da quello che hanno detto le teste d’ovo de palazzo de’ Priori, er rimedio rischia da essere peggiore der male”.

“Perché, c’hanno detto?” chiese a quel punto Barbara incuriosita.

“Hanno detto che vonno mette li semafori pe’ regolarizzà er traffico tra la Teverina e l’ingresso der novo quartiere. E che, co’ l’oneri de la lottizzazione, vonno realizzà ‘na rampa che colleghi er quartiere de Santa Barbara co’ la Tangenziale…” spiegò allora Antonio.

Barbara rimase perplessa. “Scusa, Antò. Ma er quartiere de Santa Barbara sta du’ chilometri più giù. E co’ ‘sta lottizzazione nun c’entra gnente. E’ come se io c’avessi la cucina zozza e allora vo a pulì er salotto”.

“Brava” replicò Antonio. “Vedo che mo hai capito. Er probblema, secondo me, è che ‘r grappino se lo so fatto proprio ‘n Comune. Anzi, me sa più de uno…”.

Barbara arricciò il naso: “Questo nu’ lo so. Però so che ormai li semafori se cercano da evità, perché ‘r traffico è tanto e creano solo ingorghi. Pija presempio quelli de piazzale Gramsci, che stanno davanti ar passaggio a livello: me ricordo che funzionarono pe du’ giorni, ma crearono tanto casino che ‘r Comune li dovette da spegne subbito. E mo stanno lì a fa’ parte dell’arredo urbano. Sordi buttati…”.

“Già. E, come dicevano l’antichi romani, erare adè umano, ma perseverare adè diabbolico”.  Poi Antonio, che nel frattempo aveva riposto il suo vestito nell’armadio, continuò: “Er fatto è che la Teverina adè così da sempre. Io m’aricordo quann’ero fijo che annavo a giocà a pallone ar campo de Santa Barbara: intorno c’era tutta campagna. E poi hanno costruito, costruito e costruito, ma la strada adè rimasta sempre la stessa…”.

“E’ vero, Antò. C’hai raggione. Me lo ricordo puro io. E così la Teverina ar Comune je s’è ristretta…”.

“Sì, ma forse ‘na soluzzione ce sarebbe puro. E nun costerebbe manco tanto…”.

“E quale, Antò?”.

“Er senzo unico. Co’ ‘n ber collegamento tra la Teverina e la Cassia nord, o cor Poggino. Una a annà su e una a venì giù. Oggi li senzi unici se adotteno in tutte le città der monno pe’ snellì er traffico. Meno che a Viterbo…”.

“Perché a Viterbo semo rimasti indietro in tutto. E stamo ancora a li semafori…” commentò Barbara sconsolata.

“E ar Comune nun se so’ ancora resi conto che li semafori so’ passati de moda” concluse Antonio.

Ma a questo punto Barbara ebbe uno scatto: “Ar Comune so’ passati de moda. Ma pe’ te resta valido er discorso de prima: semaforo rosso a matriciana e carbonara se te voi rimette quer vestito…”.

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