Ormai una cosa è certa: a quei criticoni di professione, soprattutto conterranei, teorici del “è raccomandato, sopravvalutato, chissà che santi in paradiso avrà”, del “quello veramente forte del Bari era Ranocchia”, del “quando giocavamo insieme nel settore giovanile io ero più bravo ma lui è stato solo più fortunato”, siamo autorizzati a dare una testata in fronte senza rischio di conseguenze penali. Nessun giudice, infatti, ci condannerebbe.
Perché mettere in cassaforte quattro scudetti di fila nel club più vincente, e più discusso, d’Italia, arrivare in finale all’Europeo con la Nazionale – sì, la N-A-Z-I-O-N-A-L-E, la maglia azzurra, con la quale è titolare inamovibile – e conquistarsi un’altra finale, quella di Champions League contro il Barcellona dopo aver eliminato il temuto Real Madrid, non è per tutti, non è roba da raccomandati senza talento. E l’autoctona abitudine di denigrare il paisà che ce l’ha fatta che vada pure a farsi benedire.
Neanche il sempiterno ritornello del “ragazzo si farà”, infatti, gli si addice più, visto che il ragazzo, diventato uomo, hai voglia se si è fatto ormai!, tanto da conquistarsi il diritto di essere annoverato tra i difensori più forti d’Europa. A niente è servito anche il fango tiratogli a casaccio da un Masiello qualsiasi: il fatto non sussisteva, punto, mettetevi l’anima in pace voi tuttologi de’ noantri che lo avete condannato ancor prima di avere iniziato a capire di cosa si stesse parlando. Quello che non uccide fortifica, si sa, Tiziano Ferro non si è inventato nulla: se poi di mestiere fai il difensore centrale col vizio del gol, esperienze del genere non possono far altro che trasformare un buon giocatore in un giocatore vincente. Con buona pace di chi in lui non ci aveva mai creduto.
Se Leonardo Bonucci e la sua Juventus il 6 giugno prossimo porteranno il club bianconero, l’Italia e anche un po’ di Viterbo lassù, nel punto più alto del cielo sopra Berlino, in una notte di calcio europeo interstellare che si profila colma di aspettative e grandi emozioni, ad oggi non è dato saperlo. Ma, comunque andrà, lui sarà lì a giocarsela contro Messi, Suarez e Neymar, gli dei del pallone. E scusate se è poco per uno partito tanti anni fa dal campo di Pianoscarano con un bagaglio carico di umiltà, abnegazione, determinazione, propensione al sacrificio. E il sogno di giocare, un giorno, una finale così. Uber alles, Leona’. E sciacquatevi la bocca una volta per tutte.