Da oggi e fino a martedì, perché dopo potrebbe essere troppo tardi. Oggi inizia ufficialmente – perché ufficiosamente era già partito – il giro di consultazioni del sindaco Leonardo Michelini con le forze (politiche e civiche) che lo sostengono. Obiettivo: ricucire i rapporti laddove possibile, individuare le correzioni e/o le sostituzioni da apportare in giunta e ripresentarsi in aula martedì 19 maggio, giusto in tempo per approvare il Bilancio preventivo prima della scadenza di legge. Un’approvazione necessaria, anzi vitale, perché altrimenti si va tutti a casa, arriva il commissario e ci vediamo alle prossime elezioni.
Il passaggio di ieri mattina in commissione è andato, ma con brividi, tra consiglieri di maggioranza usciti al momento del voto (Troili) e altri che hanno votato un sì tecnico (Volpi) e qualcuno, come Moltoni, che si è astenuto. Martedì sarà tutta un’altra storia, intanto perché bisognerà avere i numeri – e se qualcuno decidesse di uscire dall’aula sarebbero guai – e poi perché bisognerà mostrare un minimo di compattezza, almeno formale, per giustificare ancora il senso del termine “maggioranza”. Perciò il sindaco Michelini ha lanciato l’avvertimento: “Chi non vota a favore si consideri all’opposizione”, ha detto in un’intervista su un quotidiano on line. E intanto lo stesso primo cittadino prosegue nella sua opera di mediazione e tessitura, fiducioso che la real politik (cioè il conservare il posto fino alla fine della legislatura) possa essere uno stimolo per tutti a deporre l’ascia di guerra.
Ma parallelamente c’è anche la questione del rimpasto a tenere banco. Se da parte dei civici questa è vissuta in modo serafico (“Neanche abbiamo scelto i nomi che andranno a trattare, né poniamo questioni sui numeri degli assessori: la nostra buona volontà è nei fatti”, dice un alto esponente della nuova federazione), lo stesso non può certo dirsi del Partito democratico. Un piccolo Vietnam all’acquacotta che finora ci ha fatto sognare tra spaccature, attacchi, repliche e ripicche e che ora potrebbe dare addirittura di più.
A parte l’anomalia della delegazione trattante, che sarà composta dal capogruppo – e innesco della crisi – Francesco Serra e da qualche rappresentante popolare, c’è di più. Intanto, la richiesta di ridurre a sette gli assessori (giusto e condiviso da tutti), e poi l’intenzione di lasciare fuori gli esterni e di piazzare soltanto eletti. Una condizione bizzarra, che non si può soltanto giustificare con l’ambizione smodata (che pure c’è, eccome) di qualcuno nell’accaparrarsi una delega. Quello che non si capisce è per chi valga la regola: o il concetto passa per tutti gli esterni (Barelli, Delli Iaconi, Vannini, in rigoroso ordine alfabetico) oppure si rischia di fare figli e figliastri, simpatici e antipatici. E poi, almeno due esterni su tre, se non tutti e tre, sembrano proprio i più attivi ed efficaci nella loro azione. Siamo sicuri che i consiglieri eletti – specie se giovani – otterrebbero gli stessi risultati? Il borsino del giorno, comunque, racconta di una Minchella in ascesa, di una Zucchi sorprendentemente in ripresa, di una Valeri in calo. Ma restano soltanto sensazioni, e mutevoli.