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Acqua termale: la luna nel pozzo

I lavoratori e la famiglia Sensi in Comune: l'incertezza rimane

I lavoratori in sala d'Ercole coi banchi della maggioranza semideserti

I lavoratori in sala d’Ercole coi banchi della maggioranza semideserti

Cosa ha spinto questa cinquantina di lavoratori (giovani e vecchi, uomini e donne) delle Terme dei papi a salire in consiglio comunale? Cosa li ha spinti a chiedere, seppure con modi garbati, l’intervento dell’amministrazione? L’incertezza, innanzitutto. La paura di fare la fine di quei dodici loro colleghi già licenziati per cause di forza maggiore. La necessità di avere delle risposte, poi, e insieme ad esse quell’acqua che ora manca e che invece è vitale per far andare lo stabilimento. Il secondo blitz in consiglio in una settimana – giovedì scorso era stata la volta dei tifosi della Viterbese – è pure ben organizzato, visto che ci sono anche delle cartelle stampa (griffate Terme dei papi) con tutto il materiale.

Arrivano, i dipendenti, proprio quando la presidente del consiglio fa l’appello, e se non fosse per la minoranza non ci sarebbero neanche i numeri per cominciare (“Abbiamo cinque assenti per malattie”, dice Serra, ed essendo medico c’è da credergli). Subito dopo, Giulio Marini e Gianmaria Santucci chiedono di sospendere la seduta e di trasferirsi di là, in Sala rossa, per parlare coi rappresentanti dei lavoratori e coi gestori delle Terme dei papi, la famiglia Sensi (c’è Fausto coi figli, c’è Massimiliano). Tutti d’accordo, all’unanimità.

Il vertice è lungo, nell’attesa si raccolgono dettagli: “Abbiamo già dovuto rinunciare a 460 prenotazioni per i fanghi. Un danno enorme, se si considera che erano cure prescritte dalla Asl, persone provenienti da tutta Italia che hanno dovuto cancellare anche alberghi e bed and breakfast che avevano riservato”. Euri perduti finora dall’azienda: 140mila.

La situazione attuale di pozzo San Valentino: le perdite sono evidenti

La situazione attuale di pozzo San Valentino: le perdite sono evidenti

Il problema è che manca l’acqua. Da quando, secondo i Sensi, si è intervenuto sul pozzo San Valentino: lavori lasciati a metà e non si capisce perché (l’ipotesi della sospensiva del Tar che bloccherebbe tutto non sarebbe fondata). Fatto sta che nell’attesa che l’opera si completi – deve, dovrebbe, dovrà, partire la seconda fase – ora da quel pozzo escono appena due litri al secondo e tanti altri se ne vanno in giro a inzuppare i campi. “Me ne servirebbero almeno dieci per ripartire con le cure dei fanghi– dirà poi un Fausto Sensi timido, educato, sinceramente coinvolto – e la garanzia che vengano chiusi i pozzi abusivi”.

Ci sarebbe anche l’altra parte, quel Governatori, che dal Bullicame attingeva e che ovviamente tutela i suoi rispettibilissimi affari imprenditoriali, e che non ha alcun interesse che l’acqua finisca, che il pozzo venga chiuso. Perché il Comune non sia intervenuto per sistemare il tutto è un mistero: ostacoli reali, oppure un’abile tattica elusiva visto che l’assessore al ramo, Delli Iaconi, ha sempre predicato una filosofia di “più acqua per tutti” e non “più acqua per Sensi”. Ma davvero vale la pena che per attuare questo piano debbano pagare i lavoratori e le loro famiglie? Sarebbe crudele. E davvero, non ci sarà un altro sistema per aprire il settore al libero mercato tutelando chi, sul mercato, già c’è? E d’altro canto, Sensi, non è che stia utilizzando i lavoratori come arma di pressione verso il Comune?

Domande che s’intrecciano e che neanche alla fine dell’incontro trovano risposte. Sensi: “Ogni volta che parliamo e ragioniamo è un passo avanti”. Gli amministratori si danno appuntamento a lunedì, anche con Governatori e coi sindacati. Obiettivo: arrivare da un trattato di pace che cancelli tutte le pendenze giudiziarie (tra ricorsi incrociati al consiglio di Stato e al Tar), spianando il terreno. Basterà a far ripartire i lavori al pozzo? Basterà a far tornare a scorrere l’acqua?

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