Miranda Perinelli, che pensa della sua ultima promozione?
“Incarico, non promozione”.
D’accordo, incarico. Ma che ne pensa?
“Sicuramente una grande responsabilità. Che cercherò di affrontare con l’entusiasmo e la passione di sempre”.
Ma per caso la Cgil sta rottamando le Camere del lavoro?
“Non è assolutamente così. Si tratta di un progetto di ristrutturazione che divide il Lazio in 5 macro aree: Roma nord – Viterbo- Civitavecchia (della quale mi occuperò io; è l’ultima nata, essendo stata creata il 31 marzo, e comprende 88 comuni e 3 grandi municipi della capitale), Roma Est – Valle dell’Aniene (che comprende anche Rieti), Roma Ovest – Litorale; Roma centro; Latina – Frosinone. Tutto qui”.
Restando alla zona che più ci interessa, non c’è dubbio che si tratti di territori diversi.
“E’ così, ma sono tante le affinità e i punti in comune. Pensiamo al porto di Civitavecchia, il più importante dal punto di vista crocieristico con 10mila arrivi quotidiani nei periodi di punta e pensiamo alle ricadute turistiche sul Viterbese e su Roma. Le possibilità di sviluppo sono enormi”.
Non basta.
“Pensiamo alla strategicità del polo energetico tirrenico. Che va ripensato attraverso un discorso con Enel, le istituzioni locali e le rappresentanze sindacali. C’è tutto un discorso da impostare sulla riduzione del 40% delle emissioni entro il 2030; sull’obbligo stabilito da norme comunitarie di produrre il 27% di energia pulita, con un’analoga quota di efficienza energetica. Sono temi che coinvolgono tutto il territorio”.
Restano però le peculiarità.
“Non c’è dubbio e noi intendiamo rispettarle. Con l’obiettivo di implementarle e integrarle. Viterbo e Civitavecchia, ad esempio, hanno in comune il tema del termalismo. Ma le ricchezze storico-artistiche riguardano l’intera e vasta zona di cui dovrò occuparmi. Non da sola, ovviamente, ma con altri 4 membri della segreteria (2 di Roma Nord, 1 di Civitavecchia e 1 di Viterbo) che saranno eletti nei prossimi giorni”.
Il problema più grosso?
“Il lavoro. La situazione è drammatica ed è figlia delle non scelte, del non governo, delle non politiche per l’occupazione. Responsabilità dunque del governo, ma anche la classe imprenditoriale di ha messo del suo”.
Il Jobs act?
“Al di là delle roboanti dichiarazioni di Renzi, non mi pare che stia producendo per ora grandi risultati, nonostante gli indubbi vantaggi. Tante boutade pubblicitarie e pochi frutti. E, credetemi, mi piacerebbe molto poter affermare il contrario”.
Troppo pessimista, forse…
“Guardiamo i fatti concreti. E’ vero, nel periodo natalizio c’è stato un incremento di assunzioni, ma tutte temporanee. Finito l’effetto festività e saldi, queste persone sono state licenziate. Si può chiamare occupazione questa? Sì certo, ma non è quella che dà sicurezze. Tanta euforia fa male e serve solo a nascondere gli accordi sciagurati fatti solo con Confindustria senza ascoltare le parti sociali”.
E allora che succede?
“Non ci arrendiamo. Opereremo con ancora maggior vigore sulla contrattazione territoriale e aziendale. Cercheremo modifiche con i referendum o attraverso leggi di iniziativa popolare. Ad esempio, stiamo raccogliendo firme per un proposta che regolamenti finalmente la giungla degli appalti pubblici e privati. Dove si annida la corruzione, dove diminuiscono i salari, dove si penalizza la sicurezza sui luoghi di lavoro. Perché alla fine pagano sempre i più deboli, cioè i lavoratori”.
Che pensa di Landini?
“Sono certa che non fonderà un partito, come ha più volte ribadito, ma vuole creare un movimento che sia fulcro di una coalizione sociale, capace di portare avanti le istanze di tutta la Cgil e che contrasti le scelte finora fatte che sono tutte contro i lavoratori”.
Che momento è quello attuale?
“Difficilissimo. Complicato. Figlio di scelte sbagliate, dell’assenza di una seria politica industriale nazionale. La ripresa si crea con il lavoro: se lo mettano bene in testa anche gli industriali. Si spende e si investe se c’è certezza sul futuro. Con l’economia finanziaria si fa solo speculazione, si fanno danni e si crea, come nel 2007, la crisi nella quale siamo ancora dentro. In Italia stiamo perdendo importanti pezzi della produzione. E come si reagisce a questo? Col niente”.
Ma non vede nessuno spiraglio positivo?
“Vedo quello che vedono tutti: chi stava male, sta peggio; e chi stava bene, sta male. La corruzione è alle stelle e non c’è lavoro serio e stabile. Altro che gufi… Questa è la terribile verità. Ma non ci arrendiamo: continueremo ad essere in prima fila. Non è una soluzione svendere e, talvolta, cancellare i diritti di chi lavora. Più tasse, meno welfare, meno reti di protezione. Come si può essere ottimisti?”.