#BoycottDolceGabbana e #BoycottElthonJohn. Un passo indietro. Tutto è partito da un’intervista sul settimanale Panorama. Per farla breve, i due stilisti, entrambi omosessuali e un tempo legati da una relazione sentimentale, si sono detti contrari alla fecondazione artificiale e fedeli a un modello di famiglia tradizionale. Il cantante inglese, che ha due figli ottenuti con la fecondazione in vitro con il marito David Furnish, non l’ha presa bene e ha sferrato un durissimo attacco ai due tramite una foto.
“Come vi permettete di dire che i miei meravigliosi figli sono ‘sintetici’” ha scritto, intimando a Dolce e Gabbana di “vergognarsi per aver puntato i loro ditini contro la fecondazione in vitro, un miracolo che ha consentito a legioni di persone che si amano, etero e omosessuali, di realizzare il loro sogno di avere figli. Il vostro pensiero arcaico è fuori tempo: proprio come le vostre creazioni di moda”.
E poi la minaccia che ha generato l’hashtag: “Non indosserò mai più nulla di Dolce e Gabbana”, seguito #BoycottDolceGabbana. Alla protesta di Elton John, tra l’altro paparazzato qualche giorno fa con una busta Dolce&Gabbana, si sono poi uniti Ricky Martin e Courtney Love, che ha promesso di fare un falò con tutti i suoi abiti firmati D&G. In Italia Alessandro Cecchi Paone ha assicurato di aver buttato le mutante di Dolce&Gabbana, “status symbol del mondo omosessuale” a detta sua, e che non le regalerà più ai suoi fidanzati.
Ho chiesto a un amico gay di raccontare il suo punto di vista sulla faccenda che da giorni infuoca i media e i social network.
Ti sei sentito offeso dalle dichiarazioni di Dolce&Gabbana?
“No, per niente, anzi, sono d’accordissimo con loro e sul modello tradizionale della famiglia”.
Perché è nata tutta questa polemica?
“Gran parte del mondo gay e vip è schierata con Elton John. Sono convinti che sia stato un intervento politically uncorrect. A mio parere, invece, non solo hanno espresso la loro opinione, ma l’hanno anche contestualizzata. E’ troppo facile parlare quando si vive a Los Angeles, la nostra società non è pronta. Posso solo immaginare cosa accadrebbe nell’asilo di un paesino di provincia, quante chiacchiere e prese in giro. L’altra strada qual è? La ghettizzazione. Ma è vita, questa? E parlo sia per i genitori che per il figlio”.
Hai mai pensato di ricorrere alla fecondazione in vitro?
“All’inizio rappresentava un grosso cruccio non poter diventare genitore. Tra me e me ho sempre pensato che potrei essere meglio di tante mamme e poi i cliché del tipo “è meglio un bambino con due papà o due mamme piuttosto che in orfanotrofio”; poi, col tempo, mi sono reso conto che non sarebbe stato giusto crescere un figlio al di là dello schema naturale, madre e padre. Tornando all’intervista su Panorama, a mio avviso dovrebbe far riflettere la frase “A qualcosa si deve pur rinunciare”. Non si gioca con i figli, non bisogna essere egoisti”.
Una curiosità: se non fossi stato d’accordo con loro avresti mai bruciato i tuoi vestiti di Dolce&Gabbana
“Mai”.