Lui si chiama Jean- Louis Chaussade ed ha 63 anni. E chi è? E’ francese e da 7 anni guida Suez environnement. E allora? Con la sua società possiede il 12,5% delle quote di Acea, di cui quindi è il terzo azionista dopo Comune di Roma e gruppo Caltagirone. Vabbè, ma che c’entra con Viterbo e con la Tuscia? Apparentemente nulla, ma in un’intervista al Corriere della Sera questo signore parla dei progetti di investimento in Italia, soprattutto in Toscana ma anche a Roma, dove come si è visto la multinazionale transalpina è già presente in modo consistente.
Breve riassunto delle dichiarazioni rilasciate al Corrierone: “Noi come azionisti suggeriamo dove si può investire e su quali linee svilupparci. Per esempio nel campo della smart water, l’acqua intelligente (contatori che misurano i consumi individuali) o soluzioni per minimizzare le perdite d’acqua. Anche nella gestione e nel trattamento dei rifiuti potremmo fare delle cose nuove”. Traduzione: questo colosso francese opera nella Capitale, a due passi da Viterbo e ha in animo di espandersi e di implementare la sua presenza. Siccome a pensar male si fa peccato, ma spesso si indovina, perché non ipotizzare con un pizzico di malizia un possibile ingresso nella gestione idrica regionale. Cioè il famoso Ato unico lanciato dallo stesso governatore Zingaretti (voce dal sen fuggita?) e mai smentito. I francesi (e dunque Caltagirone, e dunque Acea) sono pronti.
Monsieur Chaussade non parla esplicitamente di Lazio, piuttosto della Toscana ipotizzando una società unica di gestione regionale (ma guarda un po’?). Regione comunque dove i francesi sono già presenti nelle aziende pubbliche di Firenze, Siena, Arezzo e Pisa. Uno schema, insomma, molto simile a quello già presente a Roma con esplicita e dichiarata volontà di crescere ancora. Senza dimenticare il discorso relativo a gestione e trattamento dei rifiuti, un altra business redditizio e ancora da esplorare totalmente.
La conclusione del capo di Suez environnement è ancora più illuminante: “L’acqua – afferma – è un bene universale che deve essere cogestito con responsabilità condivisa dal pubblico e dal privato. Ma il nostro apporto di tecnologia ed esperienza è molto importante per risolvere i grandi problemi dell’acqua di domani”. Capito l’antifona? Non ci vuole particolare intuizione e/o intelligenza per comprendere che uno sviluppo futuro (e plausibile) della vicenda Talete e più in generale di tutte le società di gestione del Lazio potrebbe passare attraverso una sorta di privatizzazione e di cogestione (che suona meglio) pubblico-privato con Acea (con al seguito i Caltagirone e i francesi) protagonista. Ipotesi fantasiosa? Può darsi, ma tutt’altro che lontana dalla realtà. Si vedrà e anche a stretto giro di posta.