Ricordate la battaglia dell’anno scorso sul regolamento per le coppie di fatto in Comune? Prima che il consiglio comunale l’approvasse, e durante il lungo e tortuoso passaggio in commissione, non mancarono le polemiche, gli scambi di accuse, gli attacchi anche pesanti tra le fazioni a favore dell’istituzione del registro e quelle contrarie. Bene, oggi una delle protagoniste di quel periodo – l’esponente di Arci cultura lesbica Emanuela Dei – informa che è stata rinviata a giudizio per un episodio che caratterizzò quel dibattito, vale a dire l’iscrizione, a loro insaputa, di alcuni amministratori di Palazzo dei priori (tra cui lo stesso sindaco), alla petizione contro il registro.
“Apprendo con profonda tristezza, ma non sorpresa, di essere l’unica persona che verrà processata per il reato di aver recato danno al comitato Sì alla famiglia e alla signora Carla Vanni in merito alle firme che sarebbero state poste nella petizione on-line contro l’istituzione del registro delle unioni civili agli inizi dello scorso anno – spiega Emanuela Dei in una nota – A quel tempo alcune firme tra cui quella del sindaco Michelini, i consiglieri Serra, De Dominicis, Mongiardo, Frontini, Bizzarri etc vennero registrati dal sistema telematico in favore della petizione promossa dal comitato Sì alla famiglia. Peccato che lo stesso sistema telematico immediatamente dopo aver effettuato la registrazione mandasse una mail all’indirizzo di posta dei firmatari, ringraziandoli. Dopo appena poche ore alcuni consiglieri denunciavano il fatto. Chi ha commesso questo atto voleva, presumibilmente, evidenziare quanto fosse semplice apporre adesioni alla petizione on-line poiché non c’era alcun filtro di controllo”.
Secondo la Dei – che comunque ribadisce la sua estraneità a quei fatti – “non c’è reato, perché tale condotta è espressione del diritto costituzionale di critica, come afferma il mio avvocato, tanto che la notizia di tale iscrizione campeggiava, alcuni giorni fa, sulla prima pagina di un importante quotidiano nazionale.In questo caso, inspiegabilmente, gli inquirenti hanno deciso diversamente”.
Ma per l’attivista la battaglia continua, dentro e fuori le aule di tribunale: “Scrivo non solo per dichiarare la mia estraneità ai fatti accaduti lo scorso anno, ma, più che altro, per ribadire in maniera dura e tenace che in nessun modo Emanuela Dei e la sua associazione, Arci Cultura Lesbica, smetteranno di combattere per i diritti delle persone omosessuali a Viterbo e in Italia. Non intendo indietreggiare di una virgola sul fatto che ogni essere umano ha diritto alla propria felicità senza distinzione di sesso, razza o orientamento sessuale. Si continua a lavorare e a costruire una società più tollerante e inclusiva”.