Gli arbitri lo fanno per lavoro. Per masochismo applicato. Qualcuno pure per assecondare deliri incomprensibili di onnipotenza (più frustrazioni sessuali varie). I dirigenti lo fanno per passione. Perché, soprattutto dopo i quaranta, è l’unico modo per rimanere su di un campo da calcio. Sempre meglio che trovarsi di sabato pomeriggio all’Ipercoop, in fin dei conti. I presidenti lo fanno per prestigio. O per follia (in Terza più follia che prestigio, a pensarci bene). I giocatori per rimanere in forma. Per stare lontani da casa. Perché è un po’ sentirsi eterni bambini. Perché se ti lavi negli spogliatoi, poi non devi pulire i vetri della doccia.
Ma i guardalinee, perché lo fanno? Tolti i professionisti – quelli almeno guadagnano – cosa mai può spingere a prendere in mano una maledetta bandierina ogni santa domenica? Che poi tanto le giubbe nere mica ti guardano. Decidono da soli. Brutti malfidati. Lo sanno che finiresti per favorire i tuoi. E allora, dov’è il senso? Sara mica una sorta di sindrome atipica, data dal fatto che gli sbandieratori del paese non ti hanno voluto?
A pensarci bene, per chi mastica certi (amari) terreni da un pezzo, la figura del segnalino è inquietante assai. Va un po’ meglio quando fuori fascia ci finisce il 18. Quello che, se sono fiacchi i primi 11, figuriamoci lui. Rassegnato dopo il sorteggio dei panchinari. Impreparato e quindi in pantaloncini a meno 3. Coi peli dritti come un gatto in calore. E con la testa altrove. Tra sbadigli e “facevo meglio a dormire, stamani”.
Il più delle volte però ogni squadra ha un suo assistente fisso. Prendi l’Etrusca, ad esempio. Brunero Lacchini è una presenza costante. Gli hanno costruito lo stadio attorno, praticamente. Risiede in loco dal lontano 2004. Sbuca fuori dal nulla una sola volta la settimana. Non s’è perso una sola gara. Mai una punta di febbre. Una vacanza. Un addio al celibato. È sempre sul pezzo. E ci parte pure da Montefiascone, con la sua Uno. Incerata d’inverno, più stivaloni e guanti e cappello. Mezze maniche in primavera. Ray Ban a goccia neri tatuati. Barba incolta. Motivetto dei Nomadi in cabeza. E quando esce un pallone (a volte pure quando non esce proprio tutto), perfetta e geometrica e mussoliniana alzata di mano. Non solo, vede anche i fuorigioco (ma l’arbitro non ne vuol sapere), segnala gli infortunati, il recupero, i cambi. Avverte se entra un cane non autorizzato, dice al 5 in diretta se la Juve ha segnato (talvolta sa anche quanto stanno Barletta-Pro Vercelli).
A una media di trenta partite l’anno, moltiplicate per undici anni, più amichevoli e tornei, ecco che Lacchini nostro ha dalla sua quasi 500 presenze. Roba da far impallidire il signor Tagliavento. Col punto più alto, quel giorno lì, quando da un lato ci stava lui è dall’altro il fratello Maurizio. Derby Capodimonte-Marta. Derby tra consanguinei. Ma se sei un guardalinee, a certe cose non badi. Sangue freddo, zero pietà.
E che sventoli alta in cielo la tua bandierina (senza allusioni), oh Brunero. L’Etrusca ti deve un monumento.
I ragazzi della Terza C
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