Se la Tuscia è messa male, malissimo – e lo confermano anche le classifiche sulle province più colpite dalla crisi – la colpa è della politica. Il ragionamento, per quanto possa puzzare di populismo (quel populismo che va tanto di moda) se viene affidato a personalità e realtà insospettabili, merita di essere approfondito. E visto che il discorso viene da Giovanni Calisti, presidente della Federlazio, occorre dargli credito, visto che l’associazione delle piccole e medie imprese ha un punto di vista privilegiato sulla situazione. Una situazione che da sette anni ha messo in ginocchio questa terra.
Ma attenzione, perché Calisti non parla per distruggere (né per sparare ulteriormente sulla croce rossa), semmai lo fa per ricostruire. E per indicare un punto di partenza: “I dati sulla crisi, nel Viterbese, sono così pesanti perché uno dei motori economici della zona, il distretto cermico di Civita Castellana, ha subito una rilevante battuta d’arresto – spiega il presidente – Il resto è stata una reazione a catena, visto che il pil prodotto dal territorio falisco è quasi la metà del totale provinciale. E basta vedere i numeri di Civita, con più del 40 per cento di disoccupazione giovanile, la cassa integrazione che sta per esaurirsi perché per quest’anno erano disponibili solo undici mesi e per l’anno prossimo saranno appena cinque. Ancora cassintegrazione: su 1595 lavoratori del settore, 378 hanno la cig ordinaria, 37 quella straordinaria, 65 in deroga, 231 sono in mobilità in deroga e 338 hanno contratti di solidarietà. Questi sono numeri sconvolgenti”.
Dal numero uno di Federlazio, dunque, ecco delle proposte di buonsenso, ma attuare il prima possibile, per cercare di risalire la china. Con una premessa: basta annunci rassicuranti dalla politica, tesi soltanto a rimandare le riforme strutturali e solo funzionali al mantenimento del potere. “Fermo restando che gli imprenditori stanno continuando a fare il loro mestiere, e ad investire nelle aziende, per risollevare l’economia viterbese bisogna prima di tutto rilanciare il distretto falisco, puntando sull’estero, che consente la crescita del fatturato e il sostentamento di tutto il comparto. Poi occorre fare rete, con l’adozione da tanto auspicata di un unico marchio di riconoscimento dell’eccellenza. Un marchio che noi, come Federlazio, abbiamo già elaborato insieme all’università della Tuscia, benché tutt’ora giaccia in qualche cassetto della Camera di commercio…”
Queste le proposte, ma l’attacco finale di Calisti rimanda alla questione politica, dei suoi tempi elefentiaci e di una certa ipocrisia che forse è alla base di questa crisi infinita: “I dati sono allarmati – ripete il presidente – e non andremo da nessuna parte se, pur di restare attaccati alle poltrone, i governanti continueranno a diffondere previsioni sbagliate, illusorie, di sviluppo, rimandando così le riforme fondamentali. Così non solo non si crescerà mai, ma non si uscirà neanche dalla crisi”. Meditate politici, meditate.
“L’economia si rilancia solo dicendo la verità”
di Andrea Arena
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