La battaglia continua, e quassù ad Acquapendente mica sono intenzionati a mollare. Oggi sarà un giorno importante nella disfida tra la cittadina dell’Alta Tuscia (i suoi abitanti, la sua amministrazione, il tessuto economico) e la Regione. Quella Regione brutta e cattiva che ha tutte le intenzioni di cancellare lo storico ospedale locale e di trasformarlo con un semplice tratto di pena in Casa della salute, una realtà molto meno attrezzata e funzionale rispetto all’attuale. Così, nel consiglio comunale aperto in programma, saranno due gli ordini del giorno sul tema.
Il primo è della minoranza, e prevede le dimissioni di massa del consiglio come gesto estremo di protesta nei confronti delle decisioni prese a Roma: una misura ad effetto, che però non sembra la strada più efficace da percorrere visto che proprio l’amministrazione e il consiglio sono gli ultimi baluardi democratici a difesa dell’ospedale. L’altro odg di maggioranza ai voti, invece, concede ampi poteri al sindaco di intraprendere tutte quelle iniziative legali e istituzionali a tutela del nosocomio, a partire dal ricorso al Tar per bloccare il decreto omicida della Regione o per integrarlo. “Perché crediamo che questa battaglia vada condotta fino in fondo in tutte le sedi – spiega lo stesso sindaco Alberto Bambini – e non escludiamo anche ulteriori azioni. La Casa della salute non basta, né è chiaro cosa possa fare per le esigenze di un territorio vasto e disagiato, distante parecchie decine di chilometri dal primo ospedale utile (Belcolle di Viterbo, ndr). La Regione piuttosto ci dica qual è la sua idea di sanità per il nord della provincia, per il distretto Vt1”.
Non è soltanto Acquapendente ad essere incacchiata con Zingaretti e compagni. Pure Amatrice, incantevole borgo montano ai limiti estremi del Lazio, in provincia di Rieti (dista dal capoluogo 67 chilometri di terribile Salaria), combatte la stessa battaglia. Perché anche lassù, nel cuore degli Appennini, l’ospedale Grifoni è destinato a sparire e ad essere rimpiazzato da un’altra famigerata Casa della salute. Le analogie con il centro della Tuscia non mancano, sono sorelle di sventura: distanza, isolamento, necessità di avere un polo ospedaliero in loco. Un consiglio comunale straordinario pure qui, previsto per domani. E la minaccia ventilata dal sindaco Sergio Pirozzi (tra l’altro ex allenatore della Viterbese) di indire un referendum per passare dalla matrigna cattiva Lazio al più comprensivo Abruzzo.
“Sì, la situazione è la stessa – ammette Bambini – e soprattutto non si capisce perché dopo se nella legge del 2009, con Marrazzo presidente e il consigliere Parroncini decisivo, Acquapendente e Amatrice venivano considerati ospedali montani, e anche dopo, quando la Polverini modificò con un decreto, restavano comunque aree disagiate, oggi sono state escluse da questo status. Dove invece restano compresi gli ospedali di Bracciano, Subiaco e Montertondo, che non spariranno: saranno pure centri con numeri importanti e prestazioni particolari, ma non mi sembrano più disagiati di noi, anzi… La realtà è che così la Regione fa figli e figliastri, mentre la sanità è una questione primaria, che comprende anche risvolti economici e sociali per il territorio”. E se Amatrice strizza l’occhio all’Abruzzo – fino al 1927 faceva parte della provincia de L’Aquila -, chissà che presto anche Acquapendente non possa guardare con interesse alle vicine Toscana e Umbria. Pochi chilometri di distanza, tutta un’altra sanità.