E’ ancora lui, come quell’8 maggio scorso, a dare l’annuncio urbi et orbi. Allora disse: “Abbiamo scongiurato la chiusura di Villa Buon Respiro”, e invece seguirono giorni di preoccupazione e di appelli per la salvezza della casa di cura e dei suoi dipendenti. Oggi – cioè, ieri – Enrico Panunzi torna sulla questione, e la speranza è che sia davvero la volta buona: “La Regione ha emanato il decreto di accreditamento per Villa Buon Respiro, con il quale arriva finalmente a conclusione una vicenda complessa”.
Già, quello del consigliere regionale è un auspicio legittimo, come è legittimo confidare nella soluzione di questa storia che vedeva (vede?) in pericolo oltre cento posti di lavoro, dopo che – a causa del mancato accreditamento, appunto – la proprietà di Villa Buon Respiro – la San Raffaele spa – aveva dichiarato lo stato di mobilità. Allora erano insorti i sindacati, e pure il presidente della Provincia Meroi: “Mai come stavolta i dipendenti sono a rischio – spiegavano i rappresentanti sindacali – senza contare gli effetti perniciosi nei confronti dei pazienti, che si troverebbero dall’oggi al domani senza più quelle cure di eccellenza per le quali la casa di cura è rinomata”.
Tutto passato, allora? In attesa dei passi della San Raffaele spa (che a questo punto dovrebbe revocare la mobilità), Panunzi è convinto di sì: “Per mesi me ne sono occupato, in continuo contatto con gli uffici regionali interessati e con il prefetto di Viterbo. Voglio ringraziare quindi la cabina di regia sulla sanità, il presidente Zingaretti e la Giunta”. Secondo lo stesso consigliere, questo intervento dovrebbe risolvere alla radice la questione: “Finalmente si decide di ripristinare la correttezza amministrativa relativa agli accreditamenti e alle autorizzazioni regionali, cercando di ricostruire l’intera vicenda –spiega – Per preparare il decreto la struttura, da me sollecitata più volte, ha avuto bisogno del tempo necessario, al fine di preparare un decreto inattaccabile e inoppugnabile, tale da fotografare la storia degli ultimi anni. La Regione ha voluto porre termine a questa vicenda e lo ha fatto con un atto che ha tutelato sia gli utenti che i dipendenti, che vivevano una situazione di precarietà e senza prospettive certe”. E questo lo sappiamo, visto che gli appelli e le denunce delle organizzazioni sindacali non sono mancate negli ultimi mesi: allarmi magari anche un po’ giustificati (e giustificabili) proprio alla luce di certi proclami un po’ avventati, e voci di manovre politiche altrettanto spericolate. Ma saranno state soltanto chiacchiere maliziose.
Panunzi, comunque, approfitta del successo per una riflessione sui rapporti tra pubblico e privato nella sanità: “Bisogna chiederci se non sia necessario creare e garantire una pluralità dell’offerta sanitaria, considerato che questa situazione nasce da una sorta di monopolio nello specifico segmento assistenziale. Peraltro è quello che prevede il collegato alla Finanziaria regionale, che tende a facilitare quantomeno le autorizzazioni, andando così nella stessa situazione del decreto emanato dal Governo”. Detto così il principio non fa una piega. Il problema, semmai, è farlo accettare anche ai “monopolisti” in questione…