Se uno dovesse mai passare da Joaquim Felício, sappia che potrebbe incappare nel famigerato “Bar L’italiano”. Proprio da qui parte (anzi, da qui passa) la storia di Mario Grieco. Piansanese doc. Trapiantato in Brasile per spirito d’avventura e per amore. Ormai in loco dal 2009, seppur stabilmente dal 2011. Joaquim Felício è un paesino sperduto dell’entroterra verdeoro. Esteso quasi quanto la provincia di Viterbo, conta appena quattromila anime. Tra cui appunto Mario, la moglie Cintia (speriamo si scriva così), ed il fratello di lui, Vito. Tanto per dare due coordinate, da Belo Horizonte per raggiungerli occorre tirare col righello 300 chilometri verso l’interno. Altrimenti si può sempre chiedere al benzinaio.
Cosa li ha spinti così lontano? “La curiosità – spiega Mario – dopo tante stagioni nel settore della ristorazione, ed un innumerevole serie di viaggi, abbiamo esplorato parte di questo mondo. Ci è piaciuto. Mi ci sono sposato. E questo più o meno è quanto”.
Niente a che vedere con Rio. Con Porto Alegre. Con le località turistiche e con gli eccessi tipici brasiliani. “Qui la vita è semplice – prosegue – tanti paradossi, ma anche quel piacere di non essere mai troppo preoccupati o di non arrivare. Il mio ultimo desiderio è quello di arricchirmi”.
Con un investimento relativamente basso Mario ha messo su il Bar L’italiano. Una sorta di fraschetta. Ma anche un’osteria. Una formula basata su algoritmi lineari, che però dà i suoi frutti. “Con Cintia facciamo hamburger e hot dog – parla ancora lui – e poi birra ghiacciata e una bibita tipica simile alla cachaça. Ho aperto quasi per gioco. In quattro mesi sono diventato un punto di riferimento per il paese. Ci siamo sfottuti a vicenda per gli ultimi Mondiali. Ho sempre più cavalli che auto parcheggiati fuori. Compro al supermercato col codice fiscale, poi rivendo. Pagate bollette e affitto rimane qualcosa per noi. La chiamano micro imprenditoria. Punto”.
Di sicuro non si ammazza, in sostanza. La decrescita felice pare funzioni, almeno in taluni pinzi del globo. E lui se la gode. Forte anche del bagaglio culturale che si tira dietro. “Sono una sorta di Piero Angela – annuncia ridendo – magari un po’ ruspante. Passo le serate a chiacchierare con la gente. Sorseggiando un drink. Raccontando di Italia, Germania, Olanda. Mi guardano a bocca aperta. È un’esperienza che mi sta riempiendo di emozioni”.
E bravo Mariuccio, così lo chiamavano a casa. Pesca piranha. Monta purosangue. Distribuisce felicità. Casa è dove ti senti a casa, direbbe qualcuno. Sante parole.
Da Piansano al Brasile (senza saudade)
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