“Ho visto il futuro del rock and roll e il suo nome è Bruce Springsteen” – così scriveva, quarant’anni fa, Jon Landau a proposito di un giovane (allora venticinquenne) cantante che sarebbe diventato, di lì a qualche tempo, il più grande rocker di sempre.
“Ho visto il futuro della musica italiana e il suo nome è Vincenzo Cantiello” – così scrivo io, il 1 giugno 2014, a proposito di un giovanissimo (tredicenne) cantante di Sant’Arpino (Caserta) che potrà diventare, tra qualche anno… beh, lo vedremo quello che diventerà.
Lo ammetto… stavolta non è una novità: in molti avranno pensato qualcosa di simile dopo la partecipazione di Vincenzo a tutte le puntate dell’ultimo “Ti lascio una canzone”, show del sabato sera di Rai 1, da febbraio ad aprile scorsi.
Ovviamente, non potevo credere a quello che usciva dall’apparecchio televisivo, in un contesto patinato con orchestra, coristi e compagnia cantante che, lo so bene, può mascherare quasi ogni imperfezione.
Ricordo bene i consigli del buon Dante – il padre di Anna Tatangelo – che, nel periodo successivo al Mini Festival di Viterbo di inizio millennio, diciamo dopo la vittoria di Anna a San Remo, mi diceva: “Se vuoi capire se un giovane cantante è davvero bravo, fatti mandare una videocassetta fatta a casa…”. Senza fronzoli o sovra incisioni, insomma… il più possibile vicina ad un ascolto “live”.
Piccolo passo indietro… io non è che abbia sempre visto “Ti lascio una canzone”, le scorse edizioni… anzi. Stavolta, però, mia madre – che ha sviluppato un certo gusto musicale con il passare degli anni – dopo un paio di puntate, mi aveva detto: “C’è un ragazzino che canta benissimo, ti dovrebbe piacere…”.
A me. Che dicevo sempre che io, di giovani bravissimi, ne avevo già al Mini Festival di Viterbo, senza bisogno di vederli in televisione.
Approfittando di una mezza influenza, un sabato sera e pieno di pregiudizi, comincio a vedere la trasmissione e comincio a snocciolare i commenti: “Al Mini Festival ne ho una decina migliori di questa… Ci fossero andati Antonio o Giordano avrebbero vinto sempre loro…”, ecc… fino a che arriva questo scugnizzo che intona che intona “Cinque giorni” (M. Zarrillo)…
Per fortuna che stavo sul divano. Che voce, che interpretazione, che emozione, che brividi… che spettacolo. “Uno così… non ce l’abbiamo, al Mini Festival… è l’unico che invidio a Ti lascio una canzone”.
Torniamo al presente. Secondo voi, cosa avrei potuto fare fare?
Nelle settimane scorse, approfittando delle potenzialità di Facebook, un po’ per caso, ero entrato in contatto con Marianna, una donna speciale che è anche la mamma di Vincenzo, con la quale era subito nata una sorta di “empatia telematica”.
Così, sfacciatamente, mi sono auto invitato a casa loro (dovevo farlo) scoprendo, non senza un certo imbarazzo che, la famigliola al completo, era la prima volta che invitavano a pranzo uno sconosciuto. E’ la magia e la follia di internet: quando ci siamo visti, ci siamo abbracciati come se fossimo amici di vecchia data. E dopo pranzo… private show del “fenomeno”, nella sua cameretta. Senza microfono… con la voce vera, senza alcun filtro.
Si comincia con “Who’s loving you” (Jackson 5)… e avremmo potuto anche finire lì. Avevo ragione. La televisione, in effetti, mascherava la vera potenzialità della voce di Vincenzo. Ma nel senso che non le rendeva giustizia.
Mai sentito un tredicenne interpretare un brano del genere quasi come fosse un gospel. Che intensità, che emozione, che capacità vocale, che naturale predisposizione a cantare in inglese! E poi Mia Martini, con solo pianoforte e voce: da lacrime agli occhi!
E poi altri due o tre brani e basta. Perché non si può rischiare un talento del genere in un’età di passaggio come questa, con il “cambio di voce” praticamente in corso.
Poi, un paio d’ore di chiacchiere, a parlare di scuola, di amici e di progetti futuri: partecipazioni più o meno importanti, per arrivare ad ottobre, quando canterà, a Washington, per il “Columbus Day”.
Una giornata fantastica in compagnia di persone fantastiche: Vincenzo, Marianna, Raffaele, Deborah e Dalila. Poi i saluti finali. Un abbraccio forte forte e la promessa di rivederci presto.
A Viterbo? Beh, sì… anche a Viterbo… promesso!