Al via a Viterbo il progetto sperimentale “Dermatologia protetta” per assicurare il trattamento delle persone affette da psoriasi, in stato di detenzione. Da un’idea di Adipso (Associazione per la difesa degli psoriasici) e Simpse (Società italiana di medicina e sanità penitenziaria), e reso possibile grazie al sostegno della direzione generale della Ausl Viterbo, il progetto ha richiesto la creazione di una rete di collaborazione che ha coinvolto il Centro specialistico di riferimento per la psoriasi dell’ospedale Belcolle, con la necessaria e indispensabile approvazione del Ministero di Giustizia.
Secondo le statistiche, soffre di psoriasi il 4% della popolazione e, sebbene non siano disponibili dati certi per quanto riguarda l’incidenza della patologia all’interno degli istituti penitenziari, se si applica la stessa percentuale a un totale di 60mila detenuti ospitati nelle strutture carcerarie italiane, il calcolo è presto fatto: 2.400 potenziali pazienti presenti ogni giorno. Stima che va considerata per difetto se si pensa che nelle nostre strutture penitenziarie transitano circa 100mila persone in un anno.
In considerazione di questi numeri decisamente importanti, il progetto “Dermatologia protetta” acquisisce un valore rilevante da un punto di vista dell’assistenza in ambito detentivo, non solo perché ha consentito la creazione del primo servizio sperimentale in Italia per la cura della psoriasi in carcere, ma anche come esempio di integrazione fattiva tra pubblico, privato e associazionismo. Il progetto, infatti, prevede la possibilità di visite specialistiche e di indicazioni terapeutiche presso la struttura di Mammagialla e presso il reparto di Medicina protetta di Belcolle grazie a una borsa di studio messa a disposizione di Adipso e Simpse con un contributo incondizionato da parte dell’azienda farmaceutica Pfizer.