18112024Headline:

Non si possono vendere i frigo in Lapponia

iglooScusate l’insistenza, ma – anche per stare al passo con l’attualità – non posso non tornare sul tema cultura e sviluppo, soprattutto alla luce di quanto avvenuto in questi ultimi giorni, complice la kermesse di San Pellegrino in fiore.

E, tanto per rimanere sempre al passo con l’attualità, vorrei ripartire da quanto affermato al nostro Stefano Mecorio da alcuni commercianti di abbigliamento il giorno dopo il pienone del primo maggio.  “Qualche paio di scarpe e qualche magliettina in più son partite – è stato riferito – ma i tempi d’oro sono andati. Rispetto al solito però, questo è lusso. Almeno per noi. Altri colleghi si son lamentati”.

I venditori di scarpe e magliette una certa ragione ce l’hanno, perché i tempi d’oro sono ormai solo un ricordo. La gente di soldi ne ha pochi e li spende con oculatezza. Ma i nostri dovrebbero anche farsi una domanda e darsi una risposta (sì, proprio alla Marzullo): perché uno che viene a Viterbo da turista, per visitare San Pellegrino in fiore, dovrebbe comperarsi una maglietta o un paio di scarpe (cose che può comprarsi tranquillamente sotto casa, ovunque abiti, quando ne ha effettivamente bisogno)?

Non ritengono, i nostri venditori di scarpe e magliette, che al turista andrebbe offerto qualcosa di diverso e più attinente allo spirito del viaggio che sta facendo?  Ad esempio, i prodotti tipici della Tuscia (enogastronomici, artigianali e quant’altro), oppure i classici souvenir (paccottiglia compresa). Non crede il venditore di magliette, che – tanto per fare un esempio – se si fosse fornito di un bello stock di t-shirt con la scritta “I love Viterbo”, magari con accanto l’effigie di palazzo papale o di piazza San Pellegrino, avrebbe incassato qualche euro in più?

Purtroppo – e sottolineo purtroppo – il decollo di una città dipende senza dubbio dalla lungimiranza della sua classe politica, ma anche dall’acume di quella imprenditoriale. Che ha il dovere – altrimenti che imprenditore è? – di adeguarsi ai tempi e al mercato. I due venditori di magliette e di scarpe che si sono lamentati col nostro Mecorio assomigliano tanto a quel rappresentante di frigoriferi e surgelatori che pretendeva di venderli in Lapponia.

Ari-purtroppo, uno dei problemi atavici del capoluogo della Tuscia (unito ovviamente a tutti gli altri che abbiamo ormai imparato a memoria) è proprio questo: Viterbo non ha un centro storico a misura di turista dal punto di vista commerciale. E qui – è bene rimarcarlo – le responsabilità non sono della politica (che di colpe ne avrà pure tante altre), ma di una classe imprenditoriale miope che ha sempre preferito vivere di rendita piuttosto che pronunciare quella parola obbligatoria per chi fa l’imprenditore, che si chiama investimento.

Dicevo la settimana scorsa: yes, we can. Viterbo ha la possibilità di decollare, mettendo in mostra le sue bellezze, le sue originalità, la sua tradizione. A patto che si crei un sistema Viterbo in cui ognuno deve fare la sua parte. Commercianti compresi. Altrimenti ci si continuerà a lamentare perché il 1° maggio si sono vendute poche scarpe. Come i frigoriferi in Lapponia.

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1 Commento

  1. Massimiliano Forieri ha detto:

    e mi dispiace ma non ci siamo, le scrivo in quanto proprietario di un negozio che vende prodotti tipici. Lei dice che non ce ne sono abbastanza? Si sbaglia, se fossimo in quantità inferiore alla domanda saremmo ricchi. Invece no. La gente interessata all’acquisto del prodotto tipico alimentare fa parte di target ben definiti, non tutti i turisti si interessano all’enogastronomia. Il discorso di andare a comprare scarpe e magliette in una città diversa dalla propria non è insensato, ma se lo è adesso, lo è sempre stato. Potrei citarle negozianti viterbesi che hanno aperto a Orvieto in centro e vendono scarpe ai turisti, molte più di quante non ne vendano qua ai viterbesi. Veniamo ai souvenir, c’era un negozio specializzato ed ha chiuso. Noi ne abbiamo ma se ne vendono pochissimi e sempre meno, forse le persone in tempo di crisi hanno realizzato che l’oggettino che sembra carino in gita quando arrivano a casa finisce in soffitta…e tra un posacenere con l’immagine di palazzo papale ed una bottiglia di buon vino magari scelgono quest’ultima.
    Insomma, ci saranno pure troppi negozi di abbigliamento ed i commercianti viterbesi saranno ottusi e quello che volete, ma vi invito a considerare che in questi giorni i bar appena fuori dal percorso di San Pellegrino nemmeno si sono accorti della differenza con i giorni normali. Chi ha fatto affari è solo chi ci stava “dentro”. Qualche giorno di affluenza non deve illudere nessuno. Mancano i parcheggi, la segnaletica turistica, i bagni pubblici, le indicazioni sui locali aperti (perché leggo sempre di gente che non trova i bar la domenica solo perché sono chiusi i più in vista….SEGNALIAMO QUELLI APERTI,NO?). Saluti e buon lavoro.

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