Hanno detto no, questa trasferta non s’ha da fare. Troppo pericoloso concedere ai tifosi della Viterbese di salire a Rieti il 1 maggio prossimo, terzultima giornata di campionato. E poco importa che si tratti di una partita decisiva (meglio non dire “senza ritorno”: termine che, oltre ad andare troppo di moda, porta anche una discreta sfiga al viaggiatore), che lo stadio sabino sia struttura di prim’ordine, che nella peggiore delle ipotesi si stia parlando di tenere sotto controllo qualche centinaia di tifosi, la maggior parte dei quali pacifica. No, questa trasferta non s’ha da fare. Né ora, né – sperano i gialloblu destinati a palcoscenici più importanti – mai.
UN GIRONE FA E mentre la tribuna virtuale dei social network insorge in una simpaticissima ma alquanto inutile caccia alle streghe (“Di chi è la colpa”, “E’ la morte del calcio”, cose così), vale la pena cercare di spiegare il provvedimento delle autorità reatine. La prima causa di questo divieto è squisitamente pratica: all’andata, lo scorso dicembre, la partita del Rocchi fu alquanto movimentata. Già dalla vigilia, quando a Rieti apparvero volantini e scritte minacciose (“Gli anni passano, l’odio per Viterbo resta”). Poi, allo stadio, a causa dei sostenitori ospiti – le cui fila per l’occasione erano state rinforzate dai sodali civitacchiesi -, che dalla curva sud fecero un bel po’ di baccano, con tanto di lancio di fumogeni in campo. Tutto nella norma, certo: questo è quel che succede in qualsiasi stadio italiano oggi. Dopo la fine del match, però, un pullman di tifosi reatini fu oggetto di un vero e proprio agguato da parte di qualche facinoroso locale. Accadde nei pressi di via Alessandro Volta, quando da un piccolo parco sbucarono all’improvviso dei tifosi, che lanciarono un sasso verso il finestrino del torpendone, rompendolo.
LA MODA DEI DIVIETI Le ragioni del divieto di trasferta, dunque, vanno cercate proprio in quell’episodio di violenza, ma non solo in quello. E’ infatti prassi, ormai, che ad ogni minaccia di scontri alla vigilia di una partita, si scelga di chiudere le porte ai tifosi ospiti, specialmente nelle categorie dilettantistiche, dove non è prevista la tessera del tifoso, strumento sì criticatissimo, ma che consente alle autorità una certa “scrematura” preventiva dei violenti. E’ dunque più facile e comodo e meno rischioso proibire in blocco un’intera trasferta piuttosto che organizzare un servizio d’ordine comunque delicato, rischioso e costoso. Ancora di più in un giorno infrasettimanale festivo come il 1 maggio. Il divieto, insomma, non è una decisione così incredibile: basta andarsi a vedere quante partite delle serie minori vengono proibite agli ospiti, ogni domenica, in campionati segnati da acerrime rivalità come quelli campani, per esempio.
CIVITAVECCHIA Certo, per lo stesso principio anche la domenica successiva, il 4 maggio, verrà preclusa ai tifosi del Civitavecchia la trasferta di Viterbo. Così accadde infatti – a parti invertite – in occasione della sfida d’andata. Allora, quando i sostenitori gialloblu avevano già allestito i pullman e anticipato la caparra, arrivò il fulmine a ciel sereno dello stop. Giustificato con vecchi attriti che affondano nella storia di una rivalità più di campanile che meramente calcistica, ma ravvivati da scontri più recenti. Come andò a finire, è storia nota: la Viterbese scese in campo a Civitavecchia senza tifosi, vinse 3-0, e al ritorno trovò centinaia di persone ad accoglierla, in un clima trionfale e in una specie di rivincita nei confronti di quel provvedimenti. Adesso, per la reciprocità, ai tirrenici è stato vietato di salire a Viterbo.
MAXISCHERMO Anche martedì c’è da sperare che vada a finire così. E considerando che la posta in palio è ben più cospicua: ci si gioca la promozione. Perciò, piuttosto che restare tutto il pomeriggio attaccati alla radiolina, sarebbe il caso di organizzare un bel maxischermo (diversi siti internet hanno annunciato la diretta streaming dal Manlio Scopino). Magari allo stadio, magari in qualche piazza. Come ai tempi di Crotone, insomma, nella speranza però che stavolta vada a finire meglio. Sarebbe la risposta più intelligente alla moda dei divieti, che sta trasformando il calcio – anche quello regionale – in una Via Crucis. Nonostante Pasqua sia passata da un pezzo, e in quanto a sofferenza, almeno da queste parti, si è già dato abbastanza.
Ma è Scopino con la tilde o proprio Scopino Scopino?