La stagione dei scelte irrevocabili ( per parafrasare un celebre discorso) è cominciata per la politica viterbese. Non passa ora che un nuovo optimus cives dia la propria disponibilità ad assumersi l’onere di portare il fardello della croce di diventare sindaco di Viterbo. Encomiabili cittadini, senza ombra di dubbio. E non c’è giornale, cartaceo oppure online, che non esponga un profluvio di programmi per riportare Viterbo allo splendore medievale dei Gatti e dei Tignosi.Encomiabili iniziative, senza ombra di dubbio.
Ormai nel patrimonio dell’immaginario collettivo è inculcata la percezione che è necessario e indefettibile entrare nell’ era della fattualità (che non sia proprio questa la nuova era dei Maya?) dopo quella dell’inerzia e della corruzione. Ma per attivare il meccanismo virtuoso di una rinascita etica , morale e quindi, di conseguenza , economica, sociale e culturale del territorio, sembra basilare proporre un protocollo di cura che spazzi via tutte le alghe che si sono avvinghiate alla chiglia della nave (come direbbe il poeta) e che impediscono che essa prenda il largo con la necessaria scioltezza.
Immagino il primo giorno in Comune del fortunato neosindaco. Una delle prime incombenze cui dovrà sicuramente sottostare, dopo gli incontri e le felicitazioni di rito dei maggiorenti e non, sarà quella di conoscere e verificare lo staff e l’apparato burocratico.
E qui inizierà la Via Crucis del designato dal popolo
PRIMA STAZIONE
Si accorgerà che nell’organico di palazzo dei Priori esistono ben nove dirigenti apicali alla testa di circa 380 dipendenti complessivamente (un dirigente ogni 42 dipendenti), mentre nella Fiat, ad esempio, esiste un dirigente ogni 700 dipendenti. Al buon uomo che adesso tutti chiamano sindaco potrebbe quindi venire la voglia di fare qualche cambiamento nell’assegnazione degli incarichi dirigenziali: ed eccolo iniziare la sua prima timida scaramuccia contro la burocrazia che, di converso, comincerà a tirare fuori con lentezza e maniacale competenza leggi, regolamenti, circolari ,sentenze della Corte dei Conti e Consiglio di Stato che proliferano in quantità inimmaginabile nel nostro ordinamento giuridico. Come farà a contrastare tale impantanamento? Facile, dirà qualcuno bene informato: assumendo un bravo direttore generale e munendosi di un eccellente sistema informatico. Auguri.
SECONDA STAZIONE
Un sindaco illuminato chiamerà allora nel suo ufficio il Ragioniere Generale per verificare la qualità e la quantità delle risorse che il bilancio gli mette a disposizione e quasi cadrà dalla sedia quando il Ragioniere Generale (che ipotizziamo bravissimo) gli comincerà a spiegare che, per quanto riguarda le spese correnti, (delle spese in conto capitale, parleremo in altra sede), dedotte le spese che una volta si definivano obbligatorie (cioè le spese che servono a pagare il personale, le spese fisse di mantenimento quali luce, riscaldamento, illuminazione, macchinari, ecc.), il bilancio comunale offre un margine operativo del 10 per cento circa, nella migliore delle ipotesi. In parole povere, la scelta discrezionale, cioè politica, è ridotta a ben misera cosa. Poi il Grand Commis comincerà a parlare diffusamente del patto di stabilità, delle varie leggi finanziarie, della quasi impossibilità di contrarre mutui, del drammatico taglio statale ai trasferimenti statali previsto per il corrente anno, e così via, lasciando il nostro in uno stato di costernazione e confusione mentale.
TERZA STAZIONE
Nei giorni successivi ovviamente, sarà giocoforza contattare la burocrazia apicale tutta.
Anche qui proviamo ad immaginare il dialogo e le risposte dello staff circa la capacità operativa della struttura. “Signor sindaco – risponderà l’interlocutore informato sui fatti – vede, siamo sotto organico: è da qualche decennio che il Comune non bandisce un concorso e le unità di personale pensionate sono state sostituite, ma solo in misura oltremodo ridotta, da personale di altre amministrazioni che hanno chiesto il trasferimento, o da personale avventizio. Conclusione: a stento riusciamo a smaltire il lavoro strettamente ordinario”. “Ma allora – domanderà l’affranto sindaco – potere concepire, ad esempio, un piano termale, per potere ridare fiato al Comune con piani di sviluppo programmati a breve o a lungo termine, a chi ci dobbiamo rivolgere? Quali meccanismi dobbiamo o possiamo attivare?”. “Beh – risponderà nuovamente il dirigente in questione –si potrebbe affidare tutto a consulenti esterni o a liberi professionisti, sempre che le varie leggi finanziarie lo permettano”. E a questo punto si scopre che le famose leggi finanziarie e la Corte dei Conti non permettono un fico secco.
QUARTA STAZIONE
Il Comune dovrà rientrare nei costi standard definiti per ogni fascia alla quale ciascun Ente Locale appartiene. Sono già stati definiti quelli della Polizia Locale e dell’amministrazione generale, mentre nel giro di un paio d’anni al massimo saranno definiti quelli attinenti alla gestione del territorio, all’ambiente, alla viabilità, all’istruzione, ecc. Ciò significa che i comuni riceveranno dallo Stato, per far funzionare i servizi fondamentali, solo il finanziamento definito in base ai costi standard: si potrà sbagliare, ma si prospetta un altro taglio drastico ai trasferimenti.
CONCLUSIONE
I pozzi sono avvelenati e chi avrà l’onore di ricoprire carica di primo cittadino scoprirà per prima cosa che la macchina burocratica comunale, anche se dotata di bravi funzionari (almeno nella quasi totalità) , sarebbe proprio da ristrutturare con iniezioni prolungate di efficienza, efficacia ed economicità: le tre paroline magiche che da decenni sono scolpite a caratteri cubitali all’ingresso degli uffici pubblici.