Ci sono quei negozi dove ci si sente un po’ come a casa. E poi ci sono quegli altri, dove ci si sente un po’ come in Comune. Forse era questa l’aria che si voleva ricreare a Civita Castellana. Lunghe chiacchierate politiche tra le spugnette. Tesseramenti aperti vicino i dopobarba. E perché no, convegni elettorali tutti seduti su amache e dondoli. Mica male. D’altronde “polis” sta per città. Per l’arte di governarla. E quindi anche di igienizzarla, estendendone le radici.
Antefatto: nel borgo delle ceramiche spunta l’ennesimo supermercato. Di quelli a catena che escono come funghi e propongono scaffali locomotiva zeppi di detersivi. La solita mazzata per i piccoli commercianti. Una boccata d’ossigeno invece per una località dove di lavoro ce n’è sempre meno e la crisi dilaga senza scrupoli.
E giù quindi tutti a inviare curricula. Dal padre di famiglia al giovane neolaureto. Fin qui niente di male. Peccato solo che poi si viene a sapere che le otto ambite poltrone siano già tutte occupate. E lo si viene a sapere nel modo più ridicolo. Un consigliere riceve in ufficio pile di domande e sbigottito s’interroga sul perché le portino proprio a lui. “Semplice – gli viene detto – Perché la politica ha deciso”. E non certo in favore di chi sta messo male. No. Ha piazzato ben dieci parenti (due in panchina) con largo anticipo e con fare naturale. Come se fosse quella la prassi.
Il tutto, se non bastasse, di nascosto dal sindaco Gianluca Angelelli. Che ora (anzi, non appena torna dall’estero) dovrà gestire una patata bollente senza precedenti. Inedita anche nelle modalità, in quanto l’inciucio è stato programmato senza tener conto di bandiere e colori. C’è di mezzo tanto la sinistra, anche nella sua ala più estrema (eufemismo), quanto la destra. Sorelle, cognate, mogli, figli, ragazze dei figli e chi più ne ha più ne metta.
“Il primo cittadino – giurano voci di corridoio – è pronto a mandare a casa una larga fetta dei fedelissimi. Stesso discorso per il capogruppo Pdl, che in un comunicato ha dichiarato di voler cacciare tutti”. Rimane solo da capire come non abbiano fatto ad accorgersi in tempo di un simile impiccio.
Se non bastasse poi, la vicenda ha spaccato la città. Da una parte coloro i quali si sentono traditi. Disoccupati (tanti, se non troppi), persone che si erano rivolte alla struttura, amanti della politica pulita (che pare una contraddizione in termini), ex pacifisti ora guerrafondai attraverso Internet e ogni altro mezzo. Dall’altra i gestori dello store, la cui apertura era prevista tra una ventina di giorni, e che rischia di trasformarsi in un buco nell’acqua. Chi ci andrà più a far spesa in questo contesto da far west?
Certo, sarebbe stato interessante arrivare al giorno dell’inaugurazione e trovare politici fuori al taglio del nastro e parenti dentro al reparto. Se non quello insaccati, magari quello inzeppati.
La partitocrazia, sempre più arrogante e famelica, ci sta facendo ritornare ai brutti tempi della tessera (di partito) del pane. Occhio, cari partitocrati, ché i forconi e i bastoni sono sempre più vicini…