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La cattiva gestione del depopolamento dei cinghiali provoca diffusione peste suina, quindi danni all’industria dei salumi

Non solo danni all'uomo per la peste suina

Allevamento di suini

Redazione

Viterbo, 25.3.24

Da una mappa diffusa da il Sole 24 ore che indica le zone italiane affette da presenza di peste suina, si evidenzia proprio nelle aree di maggior interesse economico dell’industria degli insaccati quelle del parmense, mentre l’Alto Lazio ne risulta esente. Il territorio, però, intorno a Roma e province limitrofe risultano pericolose.

La diffusione della peste suina, che sta determinando il calo del valore della carne suina sino al limite della convenienza per gli allevatori le cui aziende ricadono nelle “zone calde” di presenza peste suina, va addebitata alla presenza di cinghiali selvatici portatori del virus.

Nonostante proclami per la lotta a tale specie di animali selvatici e di programmi di abbattimento, la diffusione di questi dannosi ungulati resta costante per cui, non solo continuano a provocare danni alle culture, ma determinano la diffusione della peste negli gli allevamenti di suini.

Capita, infatti, che mentre le autorità sanitarie zootecniche dopo la scoperta di un focolaio presso un allevamento, ne decretino la chiusura, nel frattempo, però si continua “permettere” a centinaia di migliaia di cinghiali scorrazzare sull’intero territorio nazionale, città comprese, tutto con il beneplacito di ambientalisti difensori degli animali.

L’Italia sta correndo un rischio elevato per non poter produrre, proprio nelle zone del Nord, i pregiati prosciutti che sono vanto dell’export del food italiano, Ma nessuno sta correndo ai ripari per depopolare definitivamente i cinghiali responsabili della diffusione del virus o trovare misure alternative per il loro contenimento.

Il volume economico della filiera dell’industria dei salumi è stimato in 10miliardi annui che viene prodotto da 30mila allevamenti per oltre 9milioni suini, quindi sono necessari interventi non a parole, ma nei fatti.

Dagli allevatori di suini viene fatto osservare che la politica di depopolamento è inefficace se non accompagnata dalla costruzione di recinzioni come sta avvenendo in Germania, perchè, mancando tale tipo di misura, può essere possibile che per una sola ritrovata carcassa di un cinghiale morto per il virus nelle vicinanze di un allevamento, precisamente 15 km, la produzione delle carni venga bloccata.

Di conseguenza l’industria degli insaccati, non solo venga danneggiata per mancanza approvvigionamento carni, ma addirittura per l’export anche in caso di cessata emergenza per perdita dei mercati acquisiti rispetto alla concorrenza estera.

La presenza dei cinghiali in città non è un fatto folcloristico, anche se ormai, purtroppo abituale, ma foriero di danni alla economia del food italiano. Non ci culliamo perchè nell’alto Lazio non ci siano focolai di virus peste suina perchè nella provincia solo attivi circa 350 allevamenti, il minor dato rispetto le altre province laziali (allevamenti Frosinone:7000, Rieti 2000, Roma 1000). ma si insista nella lotta agli ungulati “senza se e senza ma”

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