Redazione
Viterbo,16.1.23
E’ in sostanza la conclusione del presidente Dr. Remo Parenti a conclusione dei lavori tenuti presso l’Auditorium CARIVIT di Valle Faul organizzati dalla Confagricoltura sul tema “Fauna selvatica e territori” alla presenza del Ministro Lollobrigida sabato scorso.
La “battaglia” cinghiali – agricoltori” iniziata ormai oltre dieci anni fa, ad oggi registra la sola vittoria degli ungulati “protetti” dai soliti ambientalisti da salotto che al grido “poveri animali” ritardano le decisioni amministrative per il controllo e l’eliminazione del problema.
Un’ennesima assurdità italica, quella di anteporre alle esigenze economiche strategiche del territorio ad istanze vane e fumose di chi il problema non neppure conosce.
I danni provocati dall’enorme proliferazione di cinghiali in tutta Italia sono sulla cronaca quotidiana, Non manca giorno che si legga di un automobilista o altro utente della strada sia finito al cimitero per colpa di un cinghiale apparso sulla strada, nonchè di bambini, donne ed altri animali domestici attaccati dagli ungulati in pieno centro cittadino,, Nonostante tutto questo ad oggi nulla si è fatto di concreto.
Secondo il Dr. Parenti, emerge che nella Tuscia parecchie aziende agricole stiano abbandonando alcune colture in favore di altre meno “gradite” ai cinghiali, ciò comportando mutamento degli indirizzi economici e produttivi dell’azienda, nonchè perdita di investimento per impianti irrigui.
Allora, si comincia ad abbandonare la coltivazione del mais e del girasole, piante che hanno un valore industriale in favore della semina del trifoglio e del prato che di valore ne hanno decisamente meno e soprattutto minore necessità di mano d’opera per la raccolta.
Un danno incalcolabile l’aver dovuto provvedere a costosi acquisti di recinzioni anche elettriche come tentativo di frenare l’accesso di cinghiali, ma, adesso, pure essere costretti cambiare scelte aziendali al ribasso della produttività aziendale possibile, è inammissibile.
I recenti provvedimenti adottati dal governo che consente la caccia al cinghiale anche all’interno delle riserve hanno ricevuto il niet delle associazioni ambientaliste, di conseguenza, difficoltà operative per mettere in esecuzione il provvedimento nazionale.
Un semplice rimedio potrebbe essere l’allungamento del periodo di caccia che attualmente fissa la fine al 31 gennaio, oppure, molto complicato da effettuare, una sterilizzazione per ridurre le nascite o anche cattura mediante trappole che però, come si è visto sono oggetto di vandalizzazione da parte degli “amici degli animali”.
Per la Unione Agricoltori di Viterbo ed anche delle altre associazioni di categoria, l’importante è agire subito. Gia si sono spese risorse in miseri risarcimenti agli agricoltori danneggiati e non è il caso continuare su questa via mentre i cinghiali, peraltro nemmeno di razza autoctona, continuano a riprodursi esponenzialmente.