Era finito nei guai all’interno del carcere di Mammagialla per aver, assieme ad altri tre detenuti, minacciato e sputato addosso ad uno degli agenti della penitenziaria che lo stava portando in infermeria per somministrargli dei farmaci. Arrestato per minacce e oltraggio a pubblico ufficiale il 13 dicembre del 2017, non è però riuscito a vedere neppure la prima udienza del processo a suo carico. L’uomo, nato a Roma nel 1982, è stato ritrovato impiccato all’interno della sua cella di isolamento il 21 maggio dello scorso anno. Stava scontando una condanna a tre anni per possesso di stupefacenti.
Il 13 dicembre di due anni fa avrebbe dato in escandescenze assieme agli altri tre compagni di cella per evitare che il poliziotto somministrasse loro dei medicinali.
”Pezzo di merda, non ti vergogni?…meglio carcerato che secondino, bastardo e cornuto! Se hai il coraggio entra nella nostra cella che ti facciamo vedere noi che ti succede” avrebbero i tre detenuti all’agente. Mentre sarebbe stato il 36enne, ora defunto, ad avere la posizione più critica. Secondo la denuncia del poliziotto non solo lo avrebbe insultato e minacciato, ma gli avrebbe anche sputato addosso del sangue che aveva in bocca. ”Tanto ti vengo a cercare a te e ai tuoi figli, e vi stacco la testa, ti scopo tua moglie che tanto te non sei capace”.
Delle accuse però che non troveranno mai un responsabile: la legge italiana prevede infatti che la morte dei reo porti all’estinzione del reato. E così ieri, di fronte al giudice Elisabetta Massini, la sua posizione è stata stralciata. Il processo proseguirà per gli altri tre detenuti, due romani e un marocchino, che devono rispondere di minacce e oltraggio in concorso. Si tornerà in aula il 25 maggio del 2020.