Antonio Spaziano è un compositore, regista, musicista e attore di Civita Castellana.
Ha composto diversi spettacoli ed in questo periodo è il protagonista del musical Gli anni di Rino Gaetano che ha riscosso molto successo anche nel paese natale. In questa occasione abbiamo avuto la possibilità di fare qualche domanda ad Antonio che ha colmato tutte le nostre curiosità riguardo al suo lavoro artistico .
Quando e come è nata la tua passione per l’arte e lo spettacolo?
Ho iniziato lo studio del pianoforte all’età di sei o sette anni, senza troppo entusiasmo a dire la verità. Sono cresciuto in un quartiere che negli anni ’70 era di periferia, avevo a disposizione ampi spazi aperti e un’irrefrenabile voglia di dare calci al pallone piuttosto che sottopormi a lunghe ore di esercitazione. Ma non mi sono mai sentito costretto, anzi. Quando mollai gli studi della musica classica per i miei fu un dispiacere, ma di certo non un dramma. All’inizio degli anni ‘90 ho iniziato a comporre e a suonare nei locali, preferendo al piano bar i disco pub, dove la musica andava a volume altissimo e la gente ballava sui tavoli e sulle sedie. Solo più tardi, entrando a far parte di una compagnia amatoriale, ho scoperto la passione per il teatro. Fu del tutto casuale, direi anche contro la mia volontà. Io amavo esibirmi da solo, con le mie tastiere e i sintetizzatori, suonare e scrivere di notte in solitudine e l’idea di coinvolgermi in un gruppo tra l’altro numeroso era distante dalle mie abitudini. Invece…
Come nascono i tuoi spettacoli?
Non ho schemi preordinati. Ad esempio la “Divina Commedia”, il musical che ho rappresentato dal 2009 al 2015, è nata dal desiderio di conferire al poema di Dante un pizzico di attualità, attraverso musiche di genere contemporaneo e testi ammodernati, senza però intaccarne la struttura essenziale. Ero affascinato dall’idea di rendere la Divina Commedia fruibile a chiunque e di spogliarla un po’ di quell’aura di sacralità letteraria che spesso finisce per ostacolarne la divulgazione. “Gli anni di Rino Gaetano” invece non è solo un omaggio o un atto d’amore verso Rino, ma è soprattutto un personale contributo affinché la sua riscoperta in questi ultimi anni non sia acritica, una beatificazione postuma di quelle che siamo soliti fare verso artisti scomparsi prematuramente e magari sottovalutati in vita, ma sia basata sulla conoscenza della sua vita, della sua carriera artistica e soprattutto delle tematiche da lui affrontate nei suoi testi.
A chi ti ispiri?
Mi piacerebbe rispondere con le parole del “mio” Rino quando gli viene posta la stessa domanda: “A me stesso”. Ma chiaramente non è così. Musicalmente, suonando tastiere e synth, ho subito inevitabilmente l’influenza di Vangelis, Tangerine Dream, Jean-Michel Jarre. Sono anche un grande estimatore di Alan Parsons e del suo sound in cui suoni acustici ed elettronici si fondono alla perfezione. Dal punto di vista teatrale credo di ricevere meno influenze esterne. Certo, la Divina Commedia è un’opera popolare che senza l’ascolto e la visione di “Notre Dame de Paris” di Cocciante non sarebbe mai venuta fuori. Ma la mia è stata solo una scelta stilistica, ho amato quel linguaggio musicale e letterario e ne ho fatto la mia fonte di ispirazione. Ho una particolare inclinazione verso il teatro dell’assurdo, lavorando su Rino Gaetano ho approfondito la conoscenza di autori come Beckett e Ionesco che egli stesso aveva scelto come suoi modelli. Credo che la caratteristica che più mi piace cogliere di questa forma di teatro sia il contrasto delle emozioni, come ad esempio suscitare il sorriso in un momento drammatico della narrazione.
Qual è lo spettacolo che ti ha dato più soddisfazioni?
Tutti mi hanno dato grandi soddisfazioni per ragioni diverse. “Cinemania” – ndr, il musical sulla storia del cinema rappresentato nel 2005 e nel 2006 – è stata la mia prima regia teatrale, sul palco c’era un cast di circa 30 interpreti tra cantanti, attori e corpo di ballo e più di 150 costumi, un’impresa titanica per un’autoproduzione. Il solo fatto di essere riuscito a portarlo in scena fu di per sé un successo, più del consenso che ebbe. La Divina Commedia è stata ed è ancora l’opera che ho rappresentato di più e che ha solcato palcoscenici più importanti. La critica, soprattutto a partire dalla seconda edizione del 2012, è stata straordinaria, ho avuto l’opportunità di lavorare con grandi artisti molti dei quali oggi hanno fama internazionale. Poi ne è nato un album, è stata rappresentata all’estero e a breve verrà riallestita da un’altra compagnia con numerose date da nord a sud. “Gli anni di Rino Gaetano” invece è stato sorprendente. Quando l’ho scritto volevo che fosse un altro attore a vestire i panni di Rino, ma per una serie di circostanze è andata diversamente. Così, senza particolari ambizioni, ho provato ad interpretarlo io stesso. A volte bisogna lasciare che le cose vadano per il loro verso.
Qual è lo scopo dei tuoi spettacoli?
Il mio primo intento è quello di creare qualcosa che personalmente non ho mai fatto prima, una novità se non per il pubblico almeno per me stesso. Fino ad ora ho scritto spettacoli profondamente diversi l’uno dall’altro, pur se accomunati dalla presenza della musica che per me è una componente imprescindibile. Credo che ci sia ancora un ampio margine per continuare in questa direzione. Quando creo uno spettacolo mi sta a cuore che lo spettatore esprima un giudizio, positivo o negativo che sia, esclusivamente per quel che osserva, senza dover ricercare una morale tra le righe, un messaggio o un pensiero più o meno condivisibile. Per me non è indispensabile trasmettere il mio modo di vedere e concepire le cose, mi basta suscitare una riflessione anche piccolissima. Per questo ci sono argomenti da cui mi tengo volutamente alla larga, come la politica e alcuni temi sociali, che senz’altro mi stanno a cuore, ma preferisco che se ne parli altrove piuttosto che nelle mie rappresentazioni.
Progetti per il futuro?
Nell’immediato continuerò a vestire i panni di Rino Gaetano, poi come per i precedenti spettacoli lascerò che siano altri interpreti a portarlo in scena. Tra l’altro “Gli anni di Rino Gaetano” è il primo capitolo di una trilogia di cui fanno parte anche Fred Buscaglione e Luigi Tenco. È un progetto al quale lavoro da molto tempo e che spero di ultimare nell’arco di tre o quattro anni. Senza però trascurare la composizione. C’è in cantiere un concept album in chiave elettronica su W.A. Mozart da cui può nascere in futuro uno spettacolo teatrale.
Ringraziamo Antonio per aver rilasciato questa breve intervista augurandogli un futuro artistico sempre brillante.