Francamente è la prima volta che ci capita. Ne abbiamo sentite e vissute tante, durante anni di lavoro sindacale, ma licenziare un operatore perché colpevole di aver fatto un gavettone è veramente il massimo. Naturalmente, il motivo è solo un pretesto, perché quello che veramente emerge, dal resoconto dei fatti accaduti, è che si è voluto mettere a tacere ogni possibilità di avere una dignità sul posto di lavoro.
Stefano Calabresi, 32 anni, di Montefiascone, con moglie e quattro figli ci ha raccontato la sua avventura così: “Lavoravo presso la struttura Albergo Dante che è diventato un centro di accoglienza in mano al consorzio Inter Casa Gea Onlus, da più di un anno e mezzo. Io provenivo da un’altra struttura, dello stesso consorzio di San Lorenzo Nuovo. Là facevo un po’ da contadino e un po’ da operatore di struttura, occupandomi sia dell’orto che dei richiedenti asilo. Quando mi dissero che avrebbero aperto un nuovo centro a Montefiascone fui contento perché avrei avuto più tempo per stare insieme alla mia famiglia. L’albergo Dante ha a disposizione 25 posti che però, a volte, sono diventati 42 quando la Prefettura non sapeva dove mettere i ragazzi. Ci siamo organizzati con letti a castello. Il consorzio, per ogni persona ospitata, prende più di 32 euro al giorno e di pocket money, cioè i soldi veri e propri che vanno in tasca ai rifugiati, solo 2, 50 euro. Il lavoro come operatore di struttura era molto duro con turni interminabili. Da contratto avremmo dovuto fare 25 ore settimanali per un compenso di 800 euro mensili, ma si sforava sempre. Gestire così tante persone in 3 non era facile. Quest’estate abbiamo deciso di creare un gruppo sindacale per avere chiarezza sui turni, sulle ferie e sulle notti non pagate. Appena abbiamo fatto comunicazione al consorzio di questo gruppo sono arrivate le minacce a me e ai miei colleghi e poi, la lettera di licenziamento perché, secondo loro, avrei fatto un gavettone a un ragazzo del centro. Lo hanno capito tutti che stavano cercando il pretesto per disfarsi di me, ma un motivo così assurdo non me lo sarei mai aspettato. È diritto del lavoratore difendere il proprio lavoro e quello che c’è scritto sul contratto. Non appena il consorzio ha visto che ci stavamo organizzando ed eravamo coesi, ha subito fatto saltare una testa in modo da dare l’esempio. Ora, ho impugnato il licenziamento con il sindacato USB e daremo battaglia finché non ci sarà giustizia per me, che sono colpevole solo di aver difeso i miei diritti”.
Usb Viterbo Lavoro Privato
Luca Paolocci