Quali sono i criteri che le istituzioni pubbliche utilizzano per considerare un evento culturale degno di una qualche forma di supporto? Già, perché ci sono situazioni che sinceramente si fa fatica a comprendere. Intanto, per correttezza, va detto che ormai a livello locale l’unico ente a poter svolgere funzioni di politica culturale è il Comune, visto che la Provincia tra le poche competenze conservate non ha quella della cultura. Oddio, ci sarebbe pure la Regione che pure di qualche risorsa può disporre. Ma il discorso è bene che resti in ambito viterbese.
A porsi una serie di interrogativi è Pasquale Bottone che, tra una settimana, ripresenta per il quindicesimo anno consecutivo il Salotto delle 6, cinque appuntamenti fra il 30 novembre e il 26 gennaio accomunati dal tema “Giallocronaca”: casi di cronaca nera non risolti, misteri rimasti tali della recente storia nazionale e gli effetti inquietanti e nocivi causati da una cattiva amministrazione della cosa pubblica. Un programmino niente male che avrà come protagonisti giornalisti specializzati nelle inchieste. Tutti gli incontri sono prodotti e ospitati dalla Biblioteca Consorziale di Viterbo.
“Nel 2002 – attacca Pasquale Bottone – quando è partita la prima edizione della rassegna, a Viterbo non c’era nulla. Non è un rimprovero, ma una semplice costatazione. Mancava la tradizione dell’appuntamento letterario con approfondimento. Per cui quando esposi la mia idea, trovai porte spalancate da parte delle istituzioni. La sede fu itinerante: in Provincia, a San Martino al Cimino… E il successo crescente. Ricordo le centinaia di persone presenti per il giudice Caselli o per Ingroia”. Ma le cose, stranamente, si complicano con il passare del tempo. “Più aumentavano le presenze e più aumentavano le insicurezze. E’ un fatto che non riesco a spiegarmi, ma è la verità. Gli appoggi, che erano stati pieni all’inizio della mia avventura, cominciano ad essere meno convinti, fino ad arrivare ai giorni quando – per farla breve – il sostegno è totalmente assente”.
Non c’è polemica e nemmeno rabbia nelle parole di Pasquale Bottone: piuttosto delusione. E soprattutto voglia di capire. “Quando parlo di sostegno – aggiunge – non mi riferisco solo agli aspetti economici, perché capisco che si possano fare delle scelte e che le risorse non sono infinite, quanto alla totale assenza di programmazione. Il Salotto delle 6 è considerato manifestazione di elevato profilo culturale dagli esperti del settore: perché non può far parte del cartellone annuale del Comune di Viterbo? E, ripeto, senza che questo comporti oneri di natura finanziaria”. Il problema vero è che bisognerebbe capire con quale ratio si sceglie di sostenere un progetto piuttosto che un altro. “Non vorrei – si chiede Bottone, stavolta sì con un pizzico di polemica – che la politica culturale sia condizionata da scelte per favorire questo o quello a seconda della collocazione. Una sorta di favoritismo o magari anche di mancetta…”.
Intanto, in una visione miope (purtroppo abbastanza frequente a queste latitudini), il Salotto delle 6 va considerato un’occasione persa (un’altra…). “Qualche anno fa – conclude Pasquale Bottone – c’era la possibilità di creare proprio qui a Viterbo un punto di incontro nazionale del giornalismo di inchiesta. Me lo aveva proposto l’ex direttore del Messaggero Vittorio Emiliani, insieme ad altri giornalisti esperti del settore. E non sarebbe neppure costato tantissimo, ma non se ne fece nulla”. Perché? “Evidentemente non c’era sufficiente interesse…”.
Si parte mercoledì prossimo con ”Misteri di stato e giornalismo investigativo: dall’affaire Orlandi al caso Ragusa”, protagonista il caposervizio del ”Corriere della sera” Fabrizio Peronaci. Gli assenti e gli agnostici avranno sicuramente torto.