Spesso il solo annuncio dell’arrivo dei migranti genera paura, insofferenze e intolleranza. Ma ad arrivare con i barconi sono i disperati alla ricerca di salvezza, non c’entrano niente col terrorismo. I barconi sono gestiti al di fuori della legge ma chi c’è sopra ha solo bisogno di aiuto. Bisogna intervenire sulle cause del fenomeno ma non possiamo prendercela con chi arriva sul nostro territorio. Insomma, a nessuno si chiede di ospitare mascalzoni ma di fare uno sforzo perché l’emergenza umanitaria è di proporzioni inimmaginabili. In Italia arriva solo una piccola percentuale dei migranti che ogni anno fuggono dalle loro terre. In Italia, ne sono giunti 150mila l’anno scorso, altrettanti due anni fa, 160 quest’anno a fronte di un Paese che accoglie oltre 5 milioni di immigrati regolari.
Il fenomeno che abbiamo di fronte ha dimensioni tali per cui nulla può essere lasciato al caso. Un fenomeno che proseguirà per alcuni anni ancora ma può essere gestito con le giuste misure, ovvero un confronto serrato tra i diversi livelli istituzionali, tenendo conto di com’è fatto un territorio. Collaborando possiamo costruire una ipotesi di accoglienza che garantisca sicurezza a chi arriva e a chi ospita.
Finora sono esistite due modalità di ospitalità: lo Sprar gestito dai Comuni e i centri straordinari di prima accoglienza, gestiti dalle Prefetture. Ora la direzione è di andare solo verso lo Sprar aumentando il protagonismo dei Comuni così da presentare progetti tarati sulle diverse realtà. Significa un enorme lavoro sul territorio e tanta collaborazione in tempo reale. Nell’accordo Governo-Anci è previsto che il Comune che sceglie di fare lo Sprar non può avere presenze sotto altre forme che non siano concordate con le istituzioni di grado superiore. I nostri comuni per i due terzi sono sotto i 5.000 abitanti: se intraprendono lo Sprar vanno incentivati ma fatta questa scelta di responsabilità non possono trovarsi di fronte ad altre emergenze. Questo punto deve diventare norma.
Se siamo al 3 per mille come percentuali di migranti da ospitare in base alla popolazione, con gli 887 presenti nel Viterbese siamo quasi arrivati alla quota, ma il nodo è la distribuzione sul territorio. Occorre lavorare tra i Comuni, tra i Comuni e la Prefettura con un aiuto del Governo. Senza dimenticare che una parte dei problemi che ereditiamo è quella dei dinieghi alle richieste di asilo. In tanti casi i migranti fanno ricorso così si garantiscono la presenza in Italia per altro tempo: in sede amministrativa e giudiziaria vanno accorciati i tempi. C’è poi la battaglia in sede europea per le ricollocazioni, senza dimenticare la necessità di aiutare i paesi del sud del Mediterraneo. Insomma, serve un’assunzione comune di responsabilità per gestire al meglio il fenomeno.