Questo disegno di legge è il riconoscimento dell’interesse nazionale per chi vive e lavora nei piccoli comuni. E rappresenta un’idea dell’Italia. Oggi parliamo il linguaggio dell’incoraggiamento e della fiducia, per invertire la tendenza e tornare a crescere, partendo proprio da questa parte fondamentale del nostro Paese. Il testo unificato è stato approvato con 438 favorevoli, nessun contrario, e ora approderà al Senato.
Questa legge di iniziativa parlamentare è frutto del dialogo e dell’ascolto tra i diversi gruppi parlamentari, attraverso l’unione delle proposte di legge degli onorevoli Realacci e Terzoni. Anche per questo stiamo scrivendo una bella pagina per il Parlamento e per la politica. Ringrazio pertanto i relatori, le commissioni Bilancio e Ambiente, nonché il Governo. È la quarta volta che alla Camera si discute di piccoli Comuni senza arrivare all’approvazione definitiva perché è sempre mancato nelle scorse legislature il passaggio al Senato. Significa che il bicameralismo paritario incide sulla carne viva del Paese. Questo ritardo ha pesato e costituisce un problema: speriamo che questa volta il Senato raccolga la spinta di questo ramo del Parlamento.
Il ritardo ha pesato per tre ragioni: in Italia i piccoli comuni con meno di 5.000 abitanti sono 5.627, il 70% del totale, ovvero il 54% della superficie del Paese per poco più di 10 milioni di abitanti; questi territori inoltre sono una parte fondamentale dell’identità italiana, caratterizzati da un’elevata qualità della vita e da coesione sociale, un patrimonio storico, artistico paesaggistico di valore e da eccellenze del sistema produttivo; infine, se non si accorciano le distante tra i territori italiani la strada della ripresa resta in salita.
Non è il mercato da solo ha proseguito – a risolvere il problema: questa parte dell’Italia deve tornare a scommettere su di sé. Scommessa che può essere vinta solo prestando attenzione alle nuove forme di turismo, all’imprenditoria giovane, soprattutto in agricoltura. Oggi il 93% delle Dop e delle Igp e il 79% dei vini di qualità ha a che vedere coi piccoli comuni. Parliamo sia di aree in difficoltà che di aree con straordinari esempi di competitività a cui dobbiamo rispondere con strumenti adeguati e innovativi. Dobbiamo riorientare lo sguardo politico a questa Italia per consentirle di esprimere il suo potenziale: dobbiamo compiere un’operazione di ricucitura del Paese, dopo che la crisi ha allargato le distanze sociali e territoriali. Dentro la crisi però questa Italia sta reagendo e dentro i piccoli comuni ce ne sono tanti che sono tornati a crescere grazie a politiche di sviluppo basate sulla progettualità territoriale, senza disperdere le proprie radici.
Tradizione e futuro: così si fa sistema puntando su green economy, energie rinnovabili, turismo sostenibile, agroalimentare di qualità e filiera corta, buone pratiche e legalità. Da questi territori passa il rilancio dell’Italia. Questo Parlamento deve un pensiero e un tributo ai tanti sindaci e amministratori locali che hanno fatto l’impossibile per tenere insieme le loro comunità. Penso ad Angelo Vassallo, l’indimenticato sindaco di Pollica, e a Sergio Pirozzi, il tenace sindaco di Amatrice. Sono storie diverse ma rappresentano i nomi e le storie dell’Italia intera.
Con questo provvedimento, viene istituito un fondo nazionale per gli investimenti pari a 100 milioni di euro che avranno un effetto moltiplicatore e genereranno nuove linee di intervento su cui si dovranno muovere i livelli istituzionali, coinvolgendo i privati a fare altrettanto. Ma non è la prima volta che il Governo e il Parlamento si occupano dei piccoli Comuni: penso al provvedimento sui 6mila campanili, al decreto enti locali, alla legge di stabilità che ha eliminato il patto di stabilità, al collegato ambientale che riallinea l’Italia ai più avanzati Paesi europei, al programma sulle aree interne e al prossimo programma Casa Italia, che partirà nel 2017.
È su questa strada che bisogna proseguire. Il fondo prevede investimenti sull’ambiente, i beni culturali, la mitigazione del rischio geologico, la messa in sicurezza di edifici pubblici e infrastrutture, l’insediamento di nuove attività produttive per lo sviluppo economico. L’obiettivo è favorire la residenza di cittadini e attività produttive, perché sono una risorsa a presidio del territorio. Grande attenzione la legge la rivolge alla qualità dei servizi, come l’istruzione, i trasporti, la sanità, la protezione civili e i servizi postali. Su scuola e trasporti, in particolare, i piani nazionali dovranno tenere conto delle esigenze dei piccoli comuni. Inoltre, si investe su prodotti a km zero e sviluppo della rete a banda langa usando le risorse per le aree a fallimento di mercato, con 2,2 miliardi di euro messi a disposizione dalla delibera del Cipe del 6 agosto 2015.
Quello che usiamo con questa legge è il linguaggio dell’incoraggiamento e della fiducia, in coerenza con la legge Delrio che semplifica, razionalizza e accorpa funzioni senza sacrificare le identità locali che, messe a sistema, costituiscono un valore unico.