Come va? Meglio. Ma soltanto perché la ripresa globale è in grado di offrire un brodino appena caldo. Anzi, di proporlo prima ancora di servirlo. Fuori dalla facile metafora: le piccole e medie imprese del Paese, e della Tuscia con esso, si prendono un po’ di ossigeno in attesa della agognata uscita dall’emergenza. L’indagine congiunturale del Centro Europa Ricerche, rielaborata in chiave locale dalla Cna, conferma – e non potrebbe essere diversamente – che la febbre delle Pmi è ancora altissima: nella seconda metà del 2012 la produzione è ulteriormente calata passando dal -43,9% al -48,2%; gli ordini dal -33,9% al -43,8%; il fatturato dal -39,3% al -55,4%. In evidente affanno anche il fatturato estero, cioè l’export, passato dal -31,8% al -71,4%. Ovviamente, in discesa anche l’utile lordo: dal -49,1% al -61,6%.
Tutti segni meno che testimoniano la gravità della crisi, passata, presente e probabilmente futura. Come, d’altra parte, stanno a testimoniare le previsioni degli imprenditori intervistati (circa 800 in tutta la Regione): il 37,5% si dice convinto che il peggio sia alle spalle, il 43,8% pensa che lo stato di sofferenza sia giunto al culmine, solo il 6,3% immagina una seppur timida inversione di tendenza. Che l’uscita dal tunnel sia ancora lontana è stato confermato nei giorni scorsi dalla stessa segretaria della Cna di Viterbo e Civitavecchia, Luigia Melaragni, che ha lanciato un accorato appello-denuncia al governo: «Se non sarà rifinanziata in tempi brevi la cassa integrazione in deroga, a rischiare il posto sono almeno centomila lavoratori». C’è poi un altro dato – non sufficientemente elaborato – emerso dall’ultimo rilevamento della Camera di Commercio di Viterbo: nei primi tre mesi di quest’anno il saldo tra le imprese nate e quelle morte è stato di -271, il che vuol dire che nella Tuscia la crisi cancella mediamente tre aziende al giorno. Una autentica ecatombe. Ribadita dal fosco pronostico degli stessi imprenditori: fino al prossimo giugno il 24,1% di essi ridurrà l’occupazione, il 65,2% non toccherà gli organici, soltanto il 2,7% pensa di creare nuovi posti di lavoro. Ancora, l’85,7% non farà investimenti, il 9,8% ci proverà.
E’ noto che è il settore della costruzioni quello in maggiore difficoltà. La Cna prova a lanciare una ciambella di salvataggio sotto forma di una convenzione con Intesa Sanpaolo. «L’istituto di credito – annuncia Luigia Melaragni – metterà a disposizione 20 milioni di euro per finanziamenti ipotecari per chi voglia ristrutturare un immobile o migliorarne l’efficienza energetica» Basterà a risollevare le sorti del mattone? L’interrogativo resta aperto.
Non siamo ancora fuori dal tunnel
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