Sono 14. Forse, un po’ troppi per una città di 60 mila abitanti. Anche perché fare il sindaco, al giorno d’oggi, è molto faticoso e anche – in un certo senso – pericoloso (visto che l’avviso di garanzia può sempre essere dietro l’angolo, al minimo errore). Ma, accanto a una certa voglia di protagonismo di qualche singolo (il berlusconiano “ghe pensi mi”, alla fine è una peculiarità molto estesa), il fenomeno dimostra la scarsa capacità di aggregazione e di fare squadra di una collettività alle prese con problemi seri e di difficile soluzione. Cui si sommano i criteri politici, che oggi privilegiano più la distinzione (che può dare anche maggiore visibilità) che la condivisione. E che rinviano eventuali accordi al dopo voto (o al dopo primo turno, in questo caso) quando si può trattare sulla base delle convenienze.
Detto questo, partiamo dal centrodestra (e aree limitrofe) che schiera almeno sette candidati a sindaco (Giulio Marini, Chiara Frontini, Giovanni Adami, Michele Bonatesta, Diego Gaglini, Andrea Scaramuccia e Renzo Poleggi) con undici liste per il consiglio comunale.
Qui il discorso è semplice e notorio: dietro Berlusconi il nulla, o quasi. Giacché, se a livello nazionale il plenipotenziario di Arcore ancora riesce a essere protagonista e a far sognare i suoi fan, quando si scende a livello locale (e in particolare nella Tuscia) non può non notarsi la profonda disaggregazione di uno schieramento dedito soprattutto alla gestione del potere fine a se stesso. Ne sono testimonianza i cinque anni della giunta Marini, con le profonde divisioni che li hanno caratterizzati, costringendo spesso e volentieri il nocchiero di palazzo dei Priori a navigare a vista, al di là della sua buona volontà. Andrea Scaramuccia per la verità, ci ha provato a rimettere insieme tutti i cocci proponendo un’alleanza capeggiata da un personaggio di alto profilo, ma ha rimediato solo vaffa. E allora s’è candidato da solo pure lui. Ora il dilemma è: se uno dei sei riuscirà ad andare al ballottaggio, avrà l’appoggio degli esclusi? Ah, saperlo.
Nel centrosinistra (incredibile, ma vero) lo schieramento è un po’ meno frastagliato. Infatti, a Leonardo Michelini (appoggiato da quattro liste) si contrappongono Marco Prestininzi per Rifondazione Comunista e Daniele Cario (che capeggia una lista di fuoriusciti dal Pd). Due concorrenti con peso specifico molto basso e quindi, tutto sommato, ininfluenti. Piuttosto, gli eventuali problemi per l’ex presidente Coldiretti potrebbero venire da mal di pancia interni al Pd, visto che Michelini – oggi si può ben dire – è stato il precursore del metodo Enrico Letta. Ma proprio i criteri usati dal neo presidente del Consiglio per la formazione del suo governo (soprattutto se la partenza, come tutti sperano, sarà buona) potrebbero rivelarsi per lui un insperato vantaggio. Altra considerazione: Michelini è forse il vero renziano della Tuscia: non è infatti notorio che il centrosinistra a Viterbo è minoranza e che per vincere deve prendere i voti dall’altra parte?
E veniamo al capitolo cani sciolti, in cui spicca il nome di Giammaria Santucci. L’ex enfant prodige della politica viterbese ha cercato alleanze sia a sinistra che a destra, ma è stato lasciato a piedi un po’ da tutti. E così ha pensato che chi fa da sé, fa per tre. Per ora viaggia da solo, ma state tranquilli: al secondo turno offrirà i suoi servigi al miglior offerente. Diverso il discorso che riguarda Filippo Rossi: mister Caffeina ha sfruttato a suo uso e consumo la notorietà derivatagli dal successo della sua iniziativa culturale per trovare quel centro di gravità permanente che cerca ormai da tempo. Ha un notevole seguito di giovani “caffeinomani”, grazie ai quali spadroneggia sul web e su Facebook: gli basteranno? La vera incognita invece è Gianluca De Dominicis, il viterbese “grillino”, giacché alle politiche dello scorso febbraio il Movimento 5 Stelle anche nella Tuscia ha fatto man bassa. Ma bisognerà vedere se anche qui ci sarà l’effetto Friuli. Per chiudere, l’uomo dell’ultim’ora: Ugo Biribicchi, al quale va dedicato il motto “l’importante è partecipare”.
In questo panorama così magmatico fare pronostici è problematico. Ma si può azzardare nel dire che al ballottaggio (i candidati menzionati facciano i dovuti scongiuri) potrebbero andare Leonardo Michelini e uno tra Giulio Marini e Gianluca De Dominicis. Ovviamente fino a prova contraria. Quella delle urne.
Filippo Rosso da Trieste si sgonfierà presto. Proprio come i suoi beneamati palloncini.