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Un miele che rischia di diventare amaro

Pacifici: "La Tuscia rispecchia i dati". Cutigni: "Dateci una mano, possiamo uscirne"

Lavorazione del miele

Lavorazione del miele

”Vi farò uscire dall’umiliazione dell’Egitto […] verso un paese dove scorre latte e miele”. Così parlava il Signore, nell’Antico Testamento, al popolo d’Israele promettendo la terra promessa. Un riferimento, quello degli ebrei alla dorata sostanza zuccherina prodotta dalle api, che dà l’idea di quanto, già dall’antichità (i greci lo chiamavano il cibo degli dèi), questo prodotto sia stato ritenuto importante e vitale per l’uomo.
Un autentico regalo di madre natura agli esseri umani, che oggi però corre il serio pericolo di diventare sempre più raro dalla tavole degli italiani.
Quella del 2016 è stata infatti la peggior annata degli ultimi 35 anni per l’apicoltura nazionale, che ha registrato un crollo della produzione di quasi il 70%. Un momento di crisi storico, che porterà inevitabilmente a una diminuzione della disponibilità del prodotto ed a un aumento dei prezzi, con rincari previsti in media del 20%.
Le cause di questo crollo verticale, da nord a sud, vanno ricercate nei bruschi cambiamenti climatici degli ultimi anni e nell’uso intensivo di pesticidi sulle altre colture, a norma di legge, ma incompatibili con la vita dei piccoli insetti striati.
E la Tuscia non è esente da questa crisi del settore. “La situazione rispecchia la crisi nazionale – dice Mauro Pacifici, presidente di Coldiretti Viterbo – oltre ai problemi climatici ci sono anche le misure sanitarie molto restrittive per i nostri produttori che non valgono però per i mieli importati dall’estero, dove si fa abbondante uso di antibiotici. Noi come Coldiretti ci muoviamo per valorizzare le produzioni locali, di assoluta qualità, attraverso la tracciabilità del miele, i sostegni per la produzione e la tutela dei nostri territori”.
E ancora: “Ci sono tantissimi giovani validi – conclude – che si stanno affacciando in questo settore, ma se le legislazioni non li aiutano diventa per loro tutto più difficile…”.
E tra i giovani validi, che con fatica e tanta, tanta passione, si sono affacciati a questo settore c’è anche Leonardo Cutigni, titolare a Viterbo del punto vendita “Apiamo”. Eccolo qua. ”A livello di risposta commerciale – racconta Cutigni – c’è stata molto curiosità e di questo ne siamo contenti. Le difficoltà indubbiamente però ci sono. Il tempo innanzitutto, che a volte è clemente e altre no: quest’anno per esempio la produzione dell’acacia è stata rovinata dalla grandinate cadute durante la fioritura. Ma ci sono anche i parassiti, come la Varroa e le malattie come la peste europea, che può colpire tutta una colonia e anche le covate, che stanno rovinando le produzioni”.

Leonardo Cutigni, Apiamo

Leonardo Cutigni, Apiamo

Perciò? ”I rimedi naturali – spiega- come l’acido formico, l’ossalico e il timolo in questi casi danno scarsi risultati. Occorrerebbero dei campi di prova, in aree limitate, dove testare dei prodotti innovativi anche con delle percentuali minime di antibiotici, proibite dall’Unione Europea e dalle direttive italiane, che non mettano in pericolo la salute dell’uomo, ma per fare questo servirebbe un lungo lavoro dietro di biologi e veterinari e diversi anni di prova”.
Non è così semplice uscirne, pertanto. ”Noi nonostante le difficoltà – conclude – produciamo prodotti di altissima qualità, ma è difficile essere competitivi quando un ‘Millefiori’ prodotto in Italia costa cinque euro al kg mentre all’estero soltanto due. Serve una risposta seria da parte degli apicoltori e dagli organi sanitari per dare una mano ai tanti giovani, che conosco personalmente, che si stanno cimentando nella carriera di apicoltore, che nonostante tutto resta un lavoro bellissimo”.

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