Dopo tanto girovagare, capita pure di trovare le risposte sotto casa. Chi l’avrebbe mai detto.
È una vita che in terra di Tuscia si dibatte di turismo, di accoglienza turistica e di argomenti affini (gira voce che è più o meno da quando i dinosauri si sono estinti e Peppe Fioroni ancora non era entrato in politica). Tutti lì a programmare, a mettere in piedi iniziative, a spendere; e a creare fuochi di paglia che durano sistematicamente il tempo d’una sigaretta. E nessuno, nessuno mai, che prova invece a pensare che forse occorre prima partire da ciò che si ha. E cioè, se vogliamo che in casa nostra stiano bene gli altri, magari è il caso che la arrediamo in modo tale che ci stiamo bene noi. Che poi sarebbe, in sintesi, copiare. Fare come altrove. E qui l’esempio lampante è quello dei musei inglesi: di proprietà privata (tanti soci che versano quanto possono), pieni di aree bar, di spazi aperti, di parchi; e soprattutto gonfi di gente che non sta lì solo per il Caravaggio ma anche perché quel posto se lo sente suo. E quindi se lo gode. Ci porta il nipote. Ci va a leggere un libro. Domanda: voi ci andreste mai a leggere un libro al museo civico di Viterbo? Manco Dario Argento ci andrebbe…
Invece sarebbe fico prendere una rivista e andarsela a sfogliarla al Museo del fiore di Torre Alfina, ad Acquapendente. Una struttura appena premiata dall’Icom (International council of museum) in quanto risulta essere tra le prime dieci in Italia con la qualifica di “eccellente pratica nella relazione fra museo e paesaggio culturale”.
Prima di approfondire però, due parole vanno spese sull’Icom: organizzazione internazionale dei musei e dei professionisti museali, fondata nel 1946, impegnata nel preservare, assicurare la continuità e a comunicare il valore del patrimonio culturale e naturale mondiale, attuale e futuro, materiale e immateriale.
Avanti. Per quanti non lo conoscessero, cos’è il Museo del Fiore? “Un piccolo museo naturalistico situato nei boschi della Riserva naturale Monte Rufeno, particolarmente adatto ad attività didattiche per bambini, dai giochi all’erbario al laboratorio al sentiero – dicono gli stessi gestori – ogni suo spazio, interno o esterno, è dedicato alle tante chiavi di lettura con cui si può affrontare il tema dei fiori e delle mille relazioni che questi intrecciano con il resto del mondo vivente”.
E se vi sembra strano che si parli di fiori, basta ricordare che ad Acquapendente si tengono i Pugnaloni. Manifestazione religiosa nonché folkloristica incentrata proprio su petali, steli e profumi vari.
Bene. Il Museo del fiore, chiudendo, è l’esempio pratico di come una comunità possa godere di quanto dispone. E di come, quando si investe con lungimiranza, non serve creare chissà cosa per fornire al visitatore una buona giornata. Un buon motivo per restare o per tornare.