Ottant’anni. Un bellissimo traguardo se energia ed entusiasmo restano inalterati. Se la voglia di fare non manca. Se lo sguardo si mantiene lucido. E soprattutto se ci si lascia sedurre semplicemente dalla vita e dalle proprie passioni. Così è per Eutizio Gentili, 80 anni appena compiuti e personaggio fondamentale per il mondo olivicolo della Tuscia che continua a formare e diffondere la cultura dell’olio con convinzione.
“Sono un innamorato – afferma accennando un sorriso lieve e riservato – . Innamorato della natura, di queste terre e ovviamente dell’olio”. E mostra la splendida gardenia, il corbezzolo, il corniolo e l’olivo che abitano il suo giardino. Originario di Bagnoregio dove si è diplomato come perito agrario, Eutizio Gentili, dopo la laurea in Agraria e una breve parentesi dedicata all’insegnamento, vince il concorso per l’Ispettorato Agrario. Lavora prima a Mirandola (Modena), poi finalmente arriva a Viterbo e subito a Canino per occuparsi di olivicoltura. È il 1965. “Ho iniziato a studiare l’olivo, a documentarmi, a confrontarmi con il mondo universitario. E con l’Ispettorato Agrario di Viterbo abbiamo iniziato a incentivare i primi impianti specializzati, ancora con un’alta presenza delle cultivar toscane come leccino, pendolino, maurino, frantoio e moraiolo. Ma già all’epoca ero convinto che la nostra Caninese fosse quella che più caratterizzava l’olio, lo rendeva territoriale, unico”. L’approccio razionale si mescola ai ricordi, li innerva e tiene a bada la vena nostalgica. Il suo viaggio a ritroso nella memoria definisce i passaggi che hanno portato oggi Canino e in generale la Tuscia ad essere considerata una Terra dell’olio. “Abbiamo fatto un bel percorso, siamo partiti dagli impianti specializzati, poi finalmente si è riusciti a lavorare anche sui tempi di raccolta e conferimento delle olive. Non è stato facile all’inizio far capire che sacrificando la resa si guadagnava enormemente in qualità. D’altronde lo sosteneva già Catone: quanto più è acerba l’oliva tanto meglio sarà l’olio”.
“Nel 1997 è stata approvata la DOP Canino – continua – che è entrata in produzione nel 1999. Nel frattempo, verso i primi anni 90 avevo fatto il corso da degustatore organizzato dalla Camera di Commercio di Viterbo. Un corso importante che aveva visto tra i docenti il prof. Gianfrancesco Montedoro. Persona e amico che stimo moltissimo; eravamo insieme all’università. A lui si deve lo studio e la valutazione sui polifenoli dell’olio. Quando ci fu la necessità di procedere con le certificazioni della DOP il Ministero mi chiamò a ricoprire il ruolo di presidente di degustazione, una carica triennale che venne poi rinnovata. Nel 2006 con la Camera di Commercio di Viterbo decidemmo di istituire un panel nostro e così con Lucia Lancetti e Maria Teresa Frangipane è nato il primo panel della provincia. Oggi ne abbiamo due formati da 15-16 assaggiatori. Sono ancora Capo Panel, ma sto lasciando il posto a Lucia Lancetti che collabora con me da 17 anni”.
Ricordi e considerazioni non si fermano. “Di natura il contadino ha i tempi lunghi. Non può permettersi di fare scelte avventate perché deve sempre confrontarsi con la natura. Così c’è voluto un po’ prima di arrivare a mutare metodi di raccolta, di potatura, di conferimento. Oggi il nostro è un territorio all’avanguardia. Abbiamo lavorato molto. Ma i risultati sono stati ottimi. Canino vanta una grande cultura dell’olio”. Eutizio parla del passato, ma tra le sue parole si legge l’energia di chi ha lo sguardo sul futuro e su quello che c’è ancora da fare: “Ricordo che avevo gli uffici alla fine del paese e i contadini ci passavano di fronte la mattina quando andavano a lavorare e al ritorno. Così avevo modo di parlarci, di creare contatti, spiegare come accedere ai contributi, come utilizzarli al meglio. Abbiamo organizzato corsi di potatura e abbiamo contribuito a far crescere la consapevolezza di essere su un grande territorio. I nostri olivicoltori oggi sono esperti e attenti. La Lotta Guidata è nata qui a Canino, studiata dal dott. Cirio e dal dott. Menna. I trattamenti vengono fatti solo se necessario, nei modi e nei tempi giusti”.
Un altro elemento fondamentale: il consumatore. Cosa è cambiato in questi anni e cosa c’è ancora da fare? “C’è un interesse diverso da parte del consumatore, grazie anche al lavoro fatto da Slow Food e dalla comunicazione, ma c’è ancora tanta ignoranza nel senso letterale di mancanza di conoscenza. Gli scandali degli ultimi mesi se da una parte fanno male al mondo oleario, hanno però alzato l’attenzione e puntato i riflettori sulla qualità dell’olio e sui suoi aspetti salutistici, per me fondamentali. Non dimentichiamo che la dieta mediterranea, eletta patrimonio immateriale Unesco, si fonda sull’utilizzo dell’olio extra vergine d’oliva e sul suo apporto polifenolico. Per questo bisogna insistere nel far comprendere la differenza fra olio extra vergine d’oliva (ovvero privo di difetti, con acidità inferiore allo 0,8% e con parametri di qualità definiti), vergine d’oliva (acidità inferiore al 2%) e lampante. Un grande passo avanti si è fatto con gli assaggi, si è finalmente capito che l’olio deve essere degustato e che l’amaro e il piccante per alcune cultivar, in particolare per il Canino, sono pregi ed elementi caratterizzanti”.
Anche la ristorazione può fare molto? “E’ fondamentale per veicolare il valore dell’olio extra vergine d’oliva e per far crescere un consumo più consapevole. Piccoli passi sono stati fatti, ma sono ancora troppi i ristoratori che credono che quello dell’olio sia un costo su cui scendere a compromessi. Prendiamo per esempio il fritto che nella gastronomia italiana ha un posto di tutto rilievo. La maggior parte delle persone pensa che friggere in olio extravergine d’oliva renda il fritto pesante o che sia uno spreco. Niente di più sbagliato. Io friggo con l’olio extravergine DOP Canino proprio per ottenere il massimo a tutto vantaggio della salute”.