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Due considerazioni sul referendum

"Ritengo sbagliata ogni personalizzazione intorno alla riforma costituzionale"

mazzoli villa sg 1Considero sbagliata ogni personalizzazione intorno alla riforma costituzionale. La Costituzione è di tutti, c’è solo da approfondire, discutere e motivare le diverse posizioni per arrivare a una scelta consapevole. Io sono fautore convinto del sì. Se dovesse prevalere il no, sarebbe negare ogni ipotesi di cambiamento come  invece è richiesto da decenni. E il giorno dopo non ci sarebbe la riforma perfetta ma semplicemente la necessità di ricominciare da capo per l’ennesima volta.

Affrontare in maniera seria questo dibattito è un segno di rispetto verso quanti ci hanno consentito di essere un Paese libero e moderno. Sono un sostenitore del sì ma è utile avere occasioni di confronto come questa. E non è vero che c’è scarso interesse dei cittadini verso la riforma. Lo dimostra anche l’affollata assemblea di questa sera. Anzi, proprio nell’astensionismo cresciuto negli ultimi anni c’è la quella crisi della democrazia per cui siamo chiamati a intervenire.

Tre i problemi all’origine della crisi democratica attuale e che necessitano di risposte che il Governo ha dato con la riforma. Il principale fenomeno che ha messo in discussione le democrazie è il processo di globalizzazione dell’economia che da decenni ha indebolito gli Stati nazionali spostando fuori dalle sedi democratiche decisioni fondamentali che hanno riguardato e riguardano la vita di milioni di cittadini. La seconda novità che ci chiama in causa è la costruzione europea: 27 Paesi (dopo l’uscita del Regno Unito) hanno deciso di costruire una sovranità più grande, capace di rispondere alle nuove sfide e creando la più estesa area economica del mondo. L’Europa produce norme efficaci nei singoli Paesi: oltre il 40% delle leggi approvate dal Parlamento sono il recepimento delle normative europee. Il terzo elemento di crisi che richiede un aggiornamento della Costituzione è la perdita di credibilità del sistema politico italiano, a causa della sua ridondanza e pesantezza ma anche a causa della sua incapacità di autoriformarsi.

Sono 33 anni che in Italia si parla di riformare la seconda parte della Costituzione, dalla commissione Bozzi dell’83 a oggi. Già allora si discuteva di superamento del bicameralismo perfetto e riduzione dei parlamentari. Non è in questa legislatura che ci si è inventati la necessità di modificare la costituzione.

La proposta di riforma prevede il superamento del bicameralismo perfetto con l’eliminazione del Senato come conosciuto sinora. Il nuovo Senato rappresenta le autonomie locali, Regioni e Comuni, ed è un organismo che si rinnova ogni volta che ci sono elezioni regionali. Si compone di 100 senatori di cui 74 consiglieri regionali, 21 sindaci e altri 5 nominati dal presidente della Repubblica. Viene meno l’indennità parlamentare. Si occuperà di rappresentare le istituzioni locali, fare da raccordo tra Stato e altri enti, vaglierà la normativa nazionale ed europea relativamente agli impatti sui territori, parteciperà all’elezione del presidente della Repubblica, dei membri della Corte costituzionale e del Consiglio Superiore della magistratura. Solo la Camera dei Deputati rappresenta la Nazione e vota la fiducia al Governo.

Quella italiana resta una Repubblica parlamentare che perde il bicameralismo perfetto. Sono stati anche corretti gli istituti di democrazia diretta. Rimane la soglia delle 500mila firme per presentare un quesito referendario. Ma se i promotori riescono a raccogliere più di 800 mila sottoscrizioni si abbassa il quorum che non è più calcolato sugli aventi diritto, ma sul numero dei votanti dell’ultima tornata elettorale. Per renderlo valido basterà la metà di questi ultimi. Per le leggi di iniziativa popolare, si passa da 50mila a 150mila firme con tempi e forme della deliberazione conclusiva garantita dai regolamenti parlamentari. Cambiano le modalità di elezione del presidente della Repubblica: con la trasformazione del Senato in “Senato delle autonomie”, spariscono i “grandi elettori” regionali. Nei primi tre scrutini l’elezione avverrà come ora, solo con maggioranza dei due terzi dell’aula. Dal quarto al settimo scrutinio la maggioranza richiesta passa ai tre quinti. Non cambiano i poteri del presidente del Consiglio e sono introdotti i disegni di legge prioritari, ovvero la facoltà del governo di chiedere al Parlamento di accelerare i tempi di conversione entro 70 giorni dall’approvazione del disegno di legge.

Viene soppresso il Cnel e le Province, si risolvono i problemi del Titolo V in materia di legislazione concorrente con una definizione più precisa sia delle competenze dello Stato che delle Regioni. Viene limitata la decretazione d’urgenza. La Corte costituzionale acquisisce un compito in materia di legge elettorale con la facoltà di esprimere un parere prima che sia applicata.

La riforma riguarda solo la seconda parte della Costituzione, quella dell’organizzazione dello Stato e non si interviene sulla prima che ha costruito il profilo della nostra Repubblica in tutti campi. Le modifiche riguardano 47 articoli. L’obiettivo è maggiore semplicità ed efficienza nel lavoro istituzionale e legislativo. Il lavoro Parlamentare è partito con una larga convergenza di forze tra la maggioranza e una parte consistente del centrodestra. Restano in dissenso il M5s e Sinistra italiana. Strada facendo Silvio Berlusconi ha cambiato idea. Il Pd aveva comunque deciso di chiedere il parere agli italiani con il referendum.

Alessandro Mazzoli

Deputato Partito democratico

 

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