Che lei non sia una politica di professione, ma piuttosto una persona prestata alla politica – nonostante sia al suo secondo mandato – lo si capisce soprattutto da come ragiona. Quanto accaduto venerdì scorso, e che lei ha vissuto in prima persona, l’ha scandalizzata: “Ho dovuto constatare sulla mia pelle – dice – che la politica non segue quelle regole che sono fondamentali anche nella vita di tutti i giorni: la lealtà e la correttezza“.
Lei è Donatella Ferranti, magistrato che a Viterbo si è particolarmente distinta per il suo impegno, dal 2008 deputato del Pd. La scorsa legislatura ha fatto parte della commissione Giustizia e, insieme a Giulia Bongiorno, ha dato filo da torcere al Pdl, soprattutto quando s’è trattato di discutere le leggi ad personam pro Berlusconi.
Ieri sera, dopo l’elezione di Giorgio Napolitano, era sollevata: “Va dato atto al presidente di aver compiuto un atto di generosità nei confronti del Paese. E tutto il Parlamento gli ha manifestato la stima e l’affetto che merita”. Ma subito dopo il pensiero va al giorno prima, a quella che lei stessa definisce una giornata bruttissima. “Ero presente all’assemblea in cui la candidatura di Romano Prodi – racconta – è stata accettata da tutti con un applauso e poi per alzata di mano. Ma poco dopo mi sono accorta che c’era qualcosa nell’aria perché sono cominciati i conciliaboli. Però si pensava a una dispersione di 20-30 voti, non di 101. E invece…”.
Per lei la giornata di venerdì è stata scioccante e l’ha colpita profondamente: “Io sono fuori da tutti i giochi. Cerco di fare il mio dovere, di servire lo Stato, come del resto ho sempre fatto nella mia vita. E certe cose non riesco a capirle. Il giorno prima su Franco Marini il dissenso di una parte del partito era stato esplicito. Su Prodi no. Nessuno ha obiettato. E allora, quando accadono poi queste cose, pensi che tra i tuoi colleghi c’è gente a cui non importa nulla né del partito, né dello Stato, né dei cittadini che rappresenta. Interessano solo le poltrone, il potere fine a se stesso. Perché a questo punto mi piacerebbe capire: qual è il punto di arrivo di questa strategia suicida? Cosa vogliono veramente coloro che hanno deciso di affossare Prodi, e con lui Bersani e forse l’intero Pd?”.
L’elezione di Napolitano ha contribuito a smussare gli angoli: “Il clima adesso è più disteso, ma i problemi restano. Comunque sia adesso è importante dare subito un Governo all’Italia, che ne ha estremo bisogno”.
E nel Pd che succederà domani? Donatella Ferranti ce l’ha ben scolpito in testa: il problema è politico e serve un chiarimento: “Bisogna capire chi sono i 101 e perché l’hanno fatto. Io dico che in nessun altro contesto associativo potrebbe accadere quello che è accaduto nel Pd. E allora sarebbe meglio che si avesse il coraggio di uscire allo scoperto e dire le proprie ragioni. Almeno ci sarebbe un po’ di chiarezza. Anche sulla linea politica da seguire in futuro”.