13112024Headline:

Un accorato appello del Comitato ” Non ce la beviamo”, l’acqua con l’arsenico

riceviamo e pubblichiamo

Viterbo,11,.11.24

Lettera aperta del Comitato “Non ce la beviamo”

“MINISTRO DELL’AMBIENTE E DELLA SICUREZZA ENERGETICA

GILBERTO PICHETTO FRATIN

MINISTRO DELLA SALUTE

ORAZIO SCHILLACI 

PRESIDENTE DELLA 8ª COMMISSIONE AMBIENTE

TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI DELLA CAMERA

MAURO ROTELLI

PRESIDENTE ARERA

STEFANO BESSEGHINI 

PRESIDENTE REGIONE LAZIO, CON DELEGA ALLA SANITÀ

FRANCESCO ROCCA 

VICEPRESIDENTE DEL CONSIGLIO REGIONE LAZIO

ENRICO PANUNZI

PRESIDENTE VIII COMMISSIONE AMBIENTE AGRICOLTURA

GIULIO MENEGALI ZELLI IACOBUZI

VIII COMM.NE AMBIENTE E AGRICOLTURA

DANIELE  SABATINI  

TUTELA DEL TERRITORIO REGIONE LAZIO

FABRIZIO GHERA 

AMBIENTE E SOSTENIBILITÀ REGIONE LAZIO

ELENA PALAZZO 

SEGRETARIO DELL’AUTORITÀ DI BACINO DISTRETTUALE

DELL’APPENNINO CENTRALE

MARCO CASINI

PREFETTO DI VITERBO
GENNARO CAPO 

PRESIDENTE ATO1 VT

ALESSANDRO ROMOLI 

SINDACI DELL’ATO1 VT


e p.c.

COMMISSARIA EUROPEA PER L’AMBIENTE
JESSICA ROSWALL

Ci rivolgiamo alle Istituzioni in indirizzo per chiedere un intervento urgente al fine di risolvere un’emergenza che investe il nostro territorio: la presenza in alte concentrazioni di arsenico e fluoruri nelle acque ad uso umano del Viterbese.

Come è noto da tutte le evidenze scientifiche, l’arsenico è un cancerogeno certo di classe 1ª e pertanto l’esposizione cronica a questo elemento, anche a basse concentrazioni, rappresenta un grave rischio sanitario per la popolazione.

Nella Tuscia, ancora oggi, diversi Comuni superano la soglia di concentrazione di arsenico di 10 microgrammi/lt consentita dalla legge e molti altri registrano valori ai limiti  con frequenti sforamenti.

È evidente che l’installazione degli impianti di dearsenificazione non si è rivelata sufficiente a risolvere il problema.

Riteniamo quindi che esista una emergenza sanitaria e una violazione del diritto di accesso all’acqua potabile per la popolazione della Tuscia che impone al Governo, alla Regione Lazio e a tutte le Istituzioni competenti un urgente intervento finanziato dalla fiscalità generale.

Non a caso la Corte di Giustizia Europea, con sentenza del 7/9/2023, ha condannato l’Italia per il mancato rispetto dei parametri di arsenico e fluoruri nelle acque di diversi Comuni della Tuscia.

Occorre pertanto intervenire urgentemente mettendo a disposizione contributi pubblici per consentire il ripristino di acqua potabile e sicura per la popolazione.

Attualmente i cittadini del Viterbese sono gravati da tariffe idriche che comprendono gli alti costi della dearsenificazione dell’acqua e che subiscono ripetuti aumenti.

Considerato che si tratta di un problema ambientale, questi costi di manutenzione per loro natura non dovrebbero ricadere esclusivamente sugli abitanti del territorio interessato bensì sull’intera fiscalità generale.

Se poi a ciò aggiungiamo che l’acqua non è di qualità e che, in alcuni casi, non è possibile utilizzarla a scopo umano, come dimostrano le ordinanze di non potabilità vigenti sul territorio, arriviamo al paradosso di caricare i cittadini di costi sproporzionati e non pertinenti, senza che neanche possano beneficiare di un servizio conforme alla legge.

Ad oggi l’unica risposta al problema economico da parte dell’ATO 1 Viterbo è stata la proposta di privatizzare il 40% delle quote di Talete Spa, la società che gestisce il servizio idrico del Viterbese.

A nostro parere tale proposta aggraverebbe ulteriormente la situazione dei cittadini, i quali dovrebbero continuare a sostenere gli alti costi dei dearsenificatori e a pagare sicuramente anche gli interessi passivi dei finanziamenti richiesti dalla Società. Senza tener conto che la volontà popolare espressa nel Referendum del 2011 ha decretato la gestione pubblica dell’acqua.

Le nostre richieste pertanto si sintetizzano in tre punti fondamentali:

– ripristino di acqua potabile e sicura nel territorio della Tuscia. Questo sottintende che anche laddove si rientri nei parametri di legge, i valori non si devono avvicinare ai limiti consentiti e non si devono più verificare sforamenti, in quanto ciò rende l’acqua non sicura e potenzialmente rischiosa;

– urgente contributo pubblico per coprire le attuali spese per il funzionamento dei dearsenificatori, eventuale potenziamento degli stessi e intervento strutturale per risolvere definitivamente la questione.

– capillare e tempestiva informazione alla popolazione sullo stato delle acque e massima trasparenza sui progetti per risolvere la problematica.

Si richiede inoltre di prendere in esame, ai fini dell’ intervento strutturale, lo studio condotto dall’Università della Tuscia in collaborazione con Enea, Istituto Superiore di Sanità e Arpa Lazio, che ha rilevato sorgenti prive di arsenico o vicine allo zero nelle zone dei Monti Cimini, studio che dovrebbe essere esteso sull’intero territorio provinciale per rilevare ulteriori sorgenti che abbiano requisiti analoghi.

Considerato che la questione riveste carattere di particolare urgenza, in quanto investe la sfera della salute pubblica, e ritenendo che ogni cittadino abbia il diritto di ricevere acqua potabile, sicura e anche accessibile economicamente, inviamo fiduciosi questa lettera contando su un rapido e sollecito riscontro da parte del Governo, della Regione e delle altre Istituzioni in indirizzo.

A disposizione per qualsiasi eventuale richiesta, porgiamo distinti saluti.

COMITATO NON CE LA BEVIAMO

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