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Qualche spettatore si aspettava un “Avaro” di Molière, invece, in scena è andato quello di Plauto rivisto da Roberto Clerici

Redazione

Viterbo,13.7.24

Non poteva meglio andare la prèmiere della 59° stagione teatrale di Ferento la sera del 13 luglio con la rappresentazione di “L’avaro”, ma non quello del drammaturgo francese più conosciuto, ma di Tito Maccio Plauto vissuto a Roma tra il secondo e primo secolo avanti Cristo.

Ma chi fu Tito Maccio Plauto ? Un commediografo romano. uno dei più prolifici e importanti autori della letteratura latina e l’autore teatrale che più influenzò il teatro occidentale. Fu esponente del genere teatrale della palliata, ideato dall’innovatore della letteratura latina.

La sua opera “L’avaro”,di cui non ci è pervenuto il finale, rappresenta uno dei capolavori della letteratura.

Non poteva non essere rimaneggiata, forse anche modernizzata per essere offerta al pubblicodel terzo millennio. Ci ha provato con successo Roberto Clerici che, con la collaborazione di ben otto attori, per la regia di Carlo Emilio Lerici, ha affascintato il pubblico presente nell’anfiteatro di Ferento.

Le avventure di Catenaccio (l’avaro) e di Cicorione (il ricco vicino di casa) che, nonostante l’età non più verde aspira alla mano della figlia dell’avaro ossessionato dal celare un tesoro trovato per caso,ma che di cui ne diventa schiavo, hanno, in un contesto di commedia che passa dal vaudeville alla sceneggiata napoletana, divertito la platea con risate a scena aperta.

Una commedia brillante, riveduta e corretta dopo oltre duemila anni, ma valida nei contenuti umani e dei sentimenti dell’uomo, sempre uguali nei secoli: la smania del possesso, la forza dei soldi e la cupidigia per il denaro.

Martedi 17 va in scena l’Amleto tratto da Shakespeare. Non mancare.

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